SAN CIPRIANO D’AVERSA – Aveva rimesso in moto la “macchina delle estorsioni” Giuseppe Iovine, fratello di Antonio, boss dei Casalesi, arrestato stamani dalla Squadra Mobile di Caserta nell’abitazione di famiglia di San Cipriano d’Aversa. Un’operazione messa in piedi con lo scopo di compattare le fila della cosca dopo l’arresto del fratello, fino al novembre del 2010, primula rossa e tra i latitanti più pericolosi d’Italia. L’accusa formulata dai pm antimafia di Napoli è di estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso.
Insieme a Giuseppe, 50 anni, è finito in carcere anche un suo gregario, Nicola Fedele, 31 anni. I poliziotti hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della DDA partenopea, diretta dal procuratore capo Federico Cafiero De Raho. Le indagini hanno accertato 4-5 episodi estorsivi, nei confronti di altrettanti imprenditori, a cui il nome di Antonio Iovine, detto “ò ninno”, incuteva ancora timore, come dimostrano i risultati delle indagini condotte dal pm antimafia partenopeo Cesare Sirignano anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali. E a testimoniarlo sono i comportamenti delle vittime davanti alle domande degli inquirenti: prima negano e poi, davanti alle lampanti prove raccolte, si giustificano dicendo che si era trattato solo di “piccoli prestiti personali”. Giuseppe Iovine è stato sorpreso dagli agenti della Mobile nel sonno, intorno alle 4 di stamani, nella masseria di famiglia a San Cipriano d’Aversa (Caserta). Una tipologia d’abitazione, quella degli Iovine, molto diffusa in questa zona del Casertano dove viene chiamata “corte”. In casa anche i suoi figli e i figlio del più “famoso” fratello. Le estorsioni che Giuseppe Iovine ha messe a segno sono comunque considerate dagli inquirenti di poco conto: richieste di pizzo oscillante tra i 200 e i 1000 euro. Come quella emersa il 29 settembre del 2009, durante le indagini che gli uomini del vicequestore aggiunto Alessandro Tocco, capo della sezione distaccata della Mobile a Casal di Principe, stanno conducendo per arrestate “ò ninno”. Gli agenti intercettano una telefonata tra il fratello del latitante e un commerciante di biancheria dell’agro aversano, che, è poi emerso, ha effettivamente versato in almeno tre circostanze 200 euro. L’esercente, sentito dalla polizia alcuni mesi dopo, prima nega qualsiasi contatto, dicendo di non aver “mai ricevuto richieste di danaro da Iovine Giuseppe”; quindi, dopo aver saputo della telefonata intercettata, cambia atteggiamento e ammette di conoscere bene la famiglia Iovine, da oltre vent’anni. Lei poteva rifiutare le richieste, gli dicono gli agenti: “Sicuramente no, non avrei mai potuto rifiutare di dare una somma di danaro a Iovine Giuseppe”, risponde l’esercente. Non “perfezionata”, invece, la richiesta da mille euro effettuata da Nicola Fedele (arrestato oggi, ndr) per conto di Giuseppe nei confronti del titolare di una concessionaria d’auto del Comune di Curti: una richiesta che giunge a 24 ore dalla sentenza della Cassazione che confermava i sedici ergastoli nei confronti di gregari ed elementi di vertice del clan dei Casalesi, tra cui Antonio Iovine. In quella circostanza emerge la preoccupazione di Giuseppe e la sua premura di fuggire. Ma le maggiori conferme sulle richieste di pizzo giungono da una “cimice” preventivamente sistemata dai poliziotti in una sala della Questura di Caserta dove poi fecero accomodare gli imprenditori vessati. Nell’ordinanza vengono riportate anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui quelle di Roberto Vargas, che definisce Giuseppe Iovine “persona inaffidabile in quanto truffatore e cocainomane, infatti nemmeno il fratello lo teneva in considerazione, anche se lui a nome del fratello ha estorto molti imprenditori dell’agro-aversano”.