CASERTA – Il nodo delle opzioni sul tavolo della direzione provinciale del Pd casertano fissata per oggi alle 17. Dopo l’assegnazione dei numeri di casacca, stabiliti ieri dalla direzione regionale, i candidati alle parlamentarie dovranno esprimere la loro preferenza se essere nella lista della Camera (Campania 2) o in quella del Senato.

In base alla graduatoria ratificata dal Pd campano, a Caserta tra le prime posizioni spettano il secondo, il sesto, e il decimo posto alla Camera. Che scalerebbero rispettivamente di quattro posti, per lasciare spazio ai quattro nomi “sicuri” indicati da Bersani. Quindi per Terra di Lavoro sarebbero disponibili sesta, decima e quattordicesima posizione. Al Senato invece è stato assegnato ai casertani il quarto e il dodicesimo (parliamo sempre di posti di vertice). E se anche al Senato Bersani volesse imporre quattro suoi nomi nelle prime quattro posizioni, lo stesso effetto della Camera con il quarto che diventerebbe l’ottavo, mentre il dodicesimo sarebbe di fatto il sedicesimo.

Ma l’orientamento nazionale, almeno a quanto si è appreso, è che al Senato i nomi designati da Bersani non dovrebbero occupare le prime quattro posizione, ma solo la prima e la seconda, con gli altri due nomi che andrebbero in ordine sparso. Non a caso è stato proposto ai casertani il sesto posto. Che però, in caso di sconfitta, non darebbe la garanzia di essere eletto, in quanto la ripartizione dei seggi è su scala regionale con il 50% dei posti attribuiti alla lista che prende più voti. E visto che la vittoria del Pd al Senato non è certa, chi sarà candidato al sesto posto rischierebbe di restare fuori dal Parlamento.

Questa questione peserà in maniera determinante nella scelta dei candidati alle parlamentarie in provincia di Caserta. Nella competizione del 29 dicembre Nicola Caputo è stato il primo eletto, seguito da Lucia Esposito, Pina Picierno e Camilla Sgambato, alle loro spalle Dario Abbate, Carlo Marino e gli altri candidati. Il primo a dover scegliere tra Camera e Senato sarà Caputo, che è orientato per il Senato. Ma il consigliere regionale non è disposto (come dargli torto) a correre con il rischio di restare a mani vuote. Quindi potrebbe optare per il Senato solo se fosse collocato al quinto posto della lista. Del resto, sarebbe inconcepibile oltre che antidemocratico che lui (primo eletto con quasi 6mila voti) restasse fuori dal Parlamento, mentre un altro candidato casertano entrerebbe pur avendo raccolto molti voti in meno.

Se fosse in pista alla Camera, a Caputo verrebbe assegnato il numero 2, che potrebbe diventare 6, con i quattro calati dall’alto. Stesso ragionamento, anche in questo caso più che legittimo, della Esposito, che potrebbe accettare il Senato solo se candidata al quinto posto. Ma la Esposito rischia di non avere scelta (cosa davvero assurda), in quanto la Picierno non ha l’età per correre al Senato (bisogna aver compiuto 40 anni).

Ma se la Esposito fosse dirottata per “forza” al Senato si profilerebbe l’ipotesi che Picierno sarebbe blindata (occuperebbe il sesto posto alla Camera, scendendo al massimo al decimo), mentre la Esposito, secondo alle parlamentarie, rischierebbe di restare fuori dal Parlamento. Altro che candidati scelti dal basso, ancora una volta sarebbe Roma a decidere tutto, facendo perdere tutto il valore democratico, che Bersani ha sbandierato ai quattro venti, alle primarie.

Alla Sgambato resterebbero due opzioni: o il decimo (di fatto 14esimo) alla Camera, se uno tra Caputo e Esposito andasse al Senato; oppure il sesto posto al Senato, se Caputo, Esposito e Picierno scendessero tutti e tre in campo alla Camera.In caso di vittoria al Senato, salterebbero tutti calcoli, perché anche chi come Dario Abbate (quinto alle parlamentarie) potrebbe avere qualche chance pur dovendosi accontentare del dodicesimo posto.

Nella direzione provinciale di oggi si parlerà di questo, ma è molto probabile che non si troverà nessun accordo. La palla passerà poi a Napoli. E alla fine sul tavolo nazionale. Con il rischio che, come sempre, la nomenklatura romana del partito faccia “figli e figliastri”.

Mario De Michele

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