Pene ridotte nel processo d’appello per il rogo della Thyssen, che nel 2007 costò la vita a sette operai. La Corte d’Appello di Torino presieduta da Giangiacomo Sandrelli ha escluso il dolo per il principale imputato, l’amministratore delegato Harald Espenhah. Per la Corte si è trattato di omicidio colposo con colpa cosciente, con conseguente rideterminazione della pena da 16 anni e mezzo a dieci anni.

“Speravamo nel dolo, ma è comunque la pena più alta”, il commento a caldo del procuratore Raffaele Guariniello, mentre al Palagiustizia esplode la protesta dei parenti delle vittime, che occupano l’aula in segno di protesta. “Questa è la giustizia italiana, che schifo”, “maledetti”, gridano famigliari e amici dei sette operai morti subito dopo la lettura della sentenza, che ha ridotto le pene anche agli altri imputati. Sette anni a Gerald Piregnitz e Marco Pucci, otto anni e 6 mesi per Raffaele Salerno, 8 anni a Cosimo Cafueri e 9 anni per Daniele Moroni. Nella Maxi Aula 1 del Palagiustizia la tensione è alta. “Non lo accetto – dice una ragazza – mio fratello e altri sei ragazzi sono morti e queste pene sono troppo basse”. Una donna ha anche lanciato insulti contro gli avvocati difensori. L’ex operaio e sindacalista Ciro Argentino grida vergogna e lancia accuse all’indirizzo del vicesindaco di Torino, Tom Dealessandri “che ha garantito alla Thyssenkrupp lo scivolo degli operai per non avere il processo”, mentre Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto al rogo appena rieletto parlamentare nelle fila del Pd, si dice “profondamente deluso”. “Al processo d’appello non erano emersi elementi nuovi rispetto al dibattimento di primo grado – osserva – che facessero pensare alla derubricazione dal dolo alla colpa”. “Se vogliono portarmi via, mi porteranno via con la forza. Qualcuno da Roma, qualche pezzo grosso, qualche ministro, deve venire qui e spiegarci il motivo di questa sentenza vergognosa”, grida signora Rosina, madre di uno degli operai morti nel rogo alla Thyssenkrupp. “Sono pronta a morire qui dentro”.

 

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