Costringerà a riscrivere una pagina dell’Evoluzione, il fossile del più antico primate mai scoperto, antenato comune di scimmie, scimpanzé ed esseri umani. Il suo ritrovamento, annunciato sulla rivista Nature, si deve al gruppo internazionale coordinato da Xijun Ni, dell’Accademia Cinese delle Scienze a Pechino. Vissuto 55 milioni di anni fa e rinvenuto in Cina, il primate appartiene a una specie finora sconosciuta.

E’ stato chiamato Archicebus achilles per l’insolita anatomia del suo tallone, molto simile a quello delle scimmie, e dimostra che nell’albero evolutivo dei primati, la divisione che ha portato all’uomo è avvenuta prima di quanto si immaginasse. L’antichissimo antenato di scimmie e uomo era davvero molto piccolo: il suo corpo misurava appena 71 millimetri, esclusa la lunghissima coda, e si calcola pesasse 20-30 grammi.

”Archicebus – ha osservato uno degli autori, Christopher Beard, del Museo di Storia Naturale americano Carnegie di Pittsburgh – differisce radicalmente da qualsiasi altro primate, vivente o fossile, finora noto. Sembra un ibrido, con i piedi di una piccola scimmia, gli arti e i denti di un primate molto primitivo. Anche il cranio era molto primitivo”. Il nuovo fossile sottolinea Xijun Ni, illumina l’evento cardine nell’evoluzione dei primati e dell’uomo: la divergenza tra il ramo dei primati che ha portato alle scimmie agli scimpanzé e agli esseri umani (ramo antropoide) e il ramo che ha portato ai tarsi, piccoli primati notturni che vivono sugli alberi.

Le dimensioni di questa creatura, inferiori a quelle dei più piccoli primati di oggi, come il lemure topo pigmeo, confermano, inoltre, l’ipotesi che i più antichi primati erano minuscoli. Per studiare lo scheletro in modo completo, cruciale è stata la ricostruzione tridimensionale realizzata presso il Laboratorio europeo per la luce di sincrotrone (Esrf), di Grenoble. Il fossile infatti è intrappolato nella roccia sedimentaria proveniente dal fondo di un antico lago ed è stato rinvenuto perché gli strati contenenti il fossile si sono spaccati: come risultato, lo scheletro di Archicebus è conservato in due pezzi di roccia complementari.

La ricostruzione virtuale ha permesso di studiare nei dettagli le strutture dello scheletro e di scoprire, per esempio, che la creatura sapeva saltare molto bene e che questo probabilmente era il modo preferito con cui si spostava sui rami; i piccoli denti appuntiti indicano che si cibava di insetti; i grandi occhi sporgenti suggeriscono invece che l’Archicebus achilles aveva una buona vista per la caccia e che questa era più adatta a una vita diurna che notturna.

 

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