«Se non siamo stati il buon samaritano dell’ora giusta – ovvero quello che interviene prima che le cose accadano –, possiamo sempre essere i samaritani dell’ora dopo». Il presidente della Conferenza episcopale campana, Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, ricorre a un’immagine mutuata da don Tonino Bello per indicare alla Chiesa campana la strada che è chiamata a percorrere dopo il disastro ambientale che ha colpito l’ex Campania felix nel secolo scorso. Di Donna parla dal palco allestito in un capannone dell’area ex Macrico, un enorme spazio verde situato nel centro di Caserta che la diocesi ha rilevato proprio quest’anno dall’Esercito, con l’obiettivo di restituirlo alla città dopo trent’anni di abbandono. È qui che si svolge il terzo incontro promosso dai vescovi delle diocesi della Terra dei fuochi: Acerra, Aversa, Capua, Caserta, Napoli, Nola, Pompei, Sessa Aurunca, Sorrento- Castellammare di Stabia, Teano-Calvi e Alife-Caiazzo. In platea ci sono anche i presbiteri e i diaconi delle undici diocesi coinvolte nell’iniziativa. Secondo il presidente della Conferenza episcopale campana, anche la Chiesa, al pari delle autorità civili e della società campana tutta, è dunque chiamata a fare autocritica. «La nostra madre terra – dice – è stata colpita dai briganti. C’è chi è passato oltre, come il sacerdote e il levita. Noi ora siamo chiamati a essere il buon samaritano che si prende cura della nostra madre ferita». Di Donna parla di rimozione culturale. « È un atteggiamento diffuso. Si attuano interventi concreti, ma poi si dice parliamone poco altrimenti facciamo male all’immagine della nostra terra. Noi invece pensiamo che la denuncia, evidenziare che in più aree i problemi permangono, sia importante. Intendiamoci, non voglio accendere polemiche. Dico solo che la Regione può fare molto, perché il problema ambientale esiste».

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