E’ stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini da parte della procura di Napoli a 14 persone accusate di trattamento illecito di rifiuti, disastro ambientale e omissioni di atti di ufficio. L’indagine e’ quella relativa alla gestione non conforme, rispetto alla normativa vigente, delle discariche di Parco Saurino I e II nel comune di Santa Maria La Fossa, affidate ai commissari prefettizi, ai commissari del consorzio unico di bacino dell’articolazione Ce4 e ai commissari liquidatori.

I pm, Michela Cortigiano, Luigi Esposito e Pasquale Ucci hanno notificato due giorni fa’ l’avviso all’ex presidente e amministratore delegato e direttore del consorzio intercomunale Ce4 Egea che gestiva le discariche in localita’ Pozzo Bianco nel comune casertano Giuseppe Valente, il responsabile tecnico degli impianti del consorzio unico Napoli e Caserta Isidoro Perrotta, il coordinatore tecnico del Ce4 Sebastiano Izzo, l’ex commissario prefettizio del consorzio Emilia Tarantino, il responsabile del consorzio Napoli e Caserta fino al 29 dicembre 2008 Alberto Stancanelli, il presidente del consorzio unico di bacino fino al 2008 ed ex sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi e il suo successore Enrico Parente, il presidente del consorzio fino al 2009 Antonio Scialdone, il commissario liquidatore fino all’agosto 2010 Gianfranco Tortorano, il commissario liquidatore dall’agosto del 2010 Domenico Pirozzi, i responsabili dell’articolazione Caserta 4 del 2008 e 2009 Antonio Reho, Achille Foggetti, Biagio Giliberti e Giuseppe Venditto. Tutti sono difesi dagli avvocati Giuliana Arpa’, Giuseppe Stellato e Mario Griffo. In pratica, i 14 indagati, sono accusati a vario titolo di non aver provveduto a recuperare e a smaltire in maniera corretta il percolato prodotto dalle discariche che tracimava dalle vasche di raccolta dei rifiuti e da quelle scavate nel terreno, prive di, stando ai magistrati, impermealizzazione: il percolato usciva al di fuori delle canalette della discarica ed invadeva le aree adiacenti formando pozzanghere il cui liquido finiva nel canale di raccolta di acqua piovana e nei campi vicini in Via Pietrerotonda e si immetteva, a sua volta, nei Regi Lagni. In questo modo il percolato provocava l’avvelenamento delle acque di falda con ricaduta sul ciclo produttivo agricolo e alimentare con conseguenze per la salute pubblica. Inoltre, gli indagati, a vario titolo, non provvedevano, stando alla procura, di coprire le discariche dismesse con la realizzazione ad esempio di coperture per evitare che acqua piovana potesse bagnare i rifiuti con il rischio di provocare esalazioni di biogas.

Sarà pure un atto dovuto quello dei pm, però le persone in causa erano state chiamate dallo Stato per ovviare a un’emergenza provocata negli anni precedenti e, qualora in presenza di un rinvio a giudizio si troverebbero coinvolte in un procedimento penale. Non è un po’ troppo?

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