Sono settanta i comuni della Campania a rischio per la raccolta dei rifiuti in seguito alla interdittiva antimafia scattata nei confronti della societa’ Eco Transider srl, dopo la recente inchiesta della Dda che ha colpito il gruppo imprenditoriale Ragosta operante in diversi settori imprenditoriali.

Sono settanta i comuni della Campania a rischio per la raccolta dei rifiuti in seguito alla interdittiva antimafia scattata nei confronti della societa’ Eco Transider srl, dopo la recente inchiesta della Dda che ha colpito il gruppo imprenditoriale Ragosta operante in diversi settori imprenditoriali. Decine i comuni del Casertano e del Napoletano che stanno revocando gli appalti ed interessati a gare in corso in questi giorni: Casagiove, Santa Maria Capua Vetere, Gricignano d’Aversa, Villa Di Briano, Marcianise, Cellole, Brusciano, Villaricca, Somma Vesuviana, San Sebastiano al Vesuvio, Ottaviano, Bellizzi, Acerra. Un allarme evidenziato da uno dei legali del gruppo, l’avvocato Alfonso Quarto, che ha spinto il gip Alberto Capuano a firmare un provvedimento giudiziario con il quale rimette ai comuni, alla Prefettura e alla Regione Campania con circostanziate considerazioni, le valutazioni del caso disponendosi la necessita’ di consentire agli ausiliari del giudice di proseguire l’amministrazione dell’azienda. E questo per evitare la revoca degli appalti e disponendo che gli amministratori giudiziari nominati provvedano anche alla sottoscrizione degli appalti autorizzando i rappresentanti legali a partecipare alle gare in corso. Un provvedimento disatteso dagli enti che, assieme alle dimissioni di alcuni amministratori giudiziari, sta provocando la paralisi della raccolta dei rifiuti (alcuni dei quali non possono sostare per oltre 48 ore sui camion) e il tracollo dell’azienda. ”Intervenire a cose fatte e cioe’ dopo il sequestro – scrive il gip nel suo provvedimento – significa mortificare l’azione di gestione dei beni da parte dell’amministrazione giudiziaria che, si’ ricordi, e’ organo ausiliario del giudice penale; procedere con l’interdittiva antimafia nei confronti dell’impresa in sequestro giudiziario va in conflitto con gli obiettivi propri del sequestro, finalizzato al mantenimento, alla conservazione ed all’eventuale incremento del complesso aziendale, dei livelli occupazionali e delle attivita’ economiche dell’impresa, attraverso un procedimento di legalizzazione finalizzato alla ipoteca confisca”. Il giudice si sofferma anche sull’impatto di questo tipo di vicenda sull’opinione pubblica: ”con l’ulteriore risultato, indiretto e certamente non voluto, ma gravissimo in termini di percezione sul territorio, che i cittadini assistono attoniti alla presenza di un’ impresa che lavora ad opera, garantendo occupazione e produttivita’, quando e’ amministrata dagli imprenditori coinvolti in indagini di criminalita’ organizzata, e sostanzialmente chiude (perche’ questa e’ la conseguenza) quando e’ amministrata dagli organi dello Stato, i quali sono costretti a licenziare maestranze e liquidare i beni”.

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