Dal pomeriggio di domenica una centralina mobile di controllo è posizionata ai margini del Centro Direzionale, giusto di fronte all’area interessata dal violentissimo incendio che ha interessato l’accampamento rom all’interno dell’ex mercato ortofrutticolo. Il sofisticato apparecchio dell’Arpac, l’agenzia regionale di protezione dell’ambiente, respira l’aria e verifica, minuto dopo minuto la possibile presenza di veleni. Per adesso la situazione sembra sotto controllo: da quando la gigantesca nuvola nera s’è dissipata con il vento, l’aria intorno all’insediamento rom è tornata respirabile e non ci sono allarmi in corso, anche se l’Arpac spiega che prima di considerare sotto controllo la situazione bisogna attendere anche i risultati dei prossimi giorni. Un contributo determinante alla qualità dell’aria l’ha dato il temporale che ieri nel primo pomeriggio s’è concentrato proprio sopra Gianturco. La pioggia è stata breve ma piuttosto consistente e ha consentito di schiacciare al suolo tutti i veleni che ancora erano in sospensione. Giovepluvio è andato anche in soccorso dei Vigili del Fuoco che ieri pomeriggio erano ancora al lavoro dentro la struttura per avere ragione degli ultimi focolai e poi lasciare spazio ai tecnici che avranno il compito di individuare quali erano i rifiuti ammassati nell’area e, soprattutto, tentare di comprendere le cause delle fiamme che si sono sviluppate in modo rapido.

Attualmente ci sarebbero circa 50 persone che ancora hanno bisogno di trovare riparo dopo che la prima emergenza, nella giornata di domenica, ha trovato riparo nell’ex scuola Deledda di Soccavo ai primi cinquanta sfollati dal campo abusivo di Gianturco. Un vertice si è tenuto ieri sera a Palazzo San Giacomo e un tavolo di emergenza resterà aperto fino a quando la situazione non sarà completamente sotto controllo. Si tratta di una situazione di difficile gestione. L’accampamento di Gianturco era totalmente abusivo e non risulta fra quelli ufficialmente censiti all’interno del territorio comunale della città. Un mondo del quale non si conoscono i confini e che, soprattutto, non consente di avere certezze sul numero di persone che vivevano in quel contesto. Sarebbero un centinaio in tutto ma non esistono certezze su questo fronte. Le indagini prenderanno corpo solo quando la struttura abbandonata andata a fuoco sarà in sicurezza e si consentirà l’accesso agli esperti. Attualmente la pista principale porta verso la perdita di controllo di un incendio appiccato dolosamente per smaltire parte dei rifiuti accumulati nell’accampamento. Quella di appiccare righi è una consolidata abitudine: talvolta il fuoco serve a recuperare rame dai cavi elettrici rubati, in altre occasioni è necessario semplicemente per fare spazio ad altri cumuli. Nello specifico, dai primi sopralluoghi effettuati, pare che dentro all’accampamento fossero accatastate anche molte bombole di gas considerate vuote. Le fiamme potrebbero essere divenute ingestibili quando una delle bombole, non completamente vuota, avrebbe contribuito ad alimentare velocemente l’incendio non consentendo alle persone di tenerlo più sotto controllo.

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