“Ma me la posso fare la barba?”. Solo questo ha chiesto nella giornata di venerdì scorso Raffaele Cutolo, l’ex capo dei capi della camorra napoletana. Ha rifiutato cure e tac, da quando 18 giorni fa è stato ricoverato nell’ospedale di Parma. In sintesi, l’ex boss della Nco necessita di una tac, un documento clinico necessario per dare corso alla terapia, di fronte alla necessità di stabilire metodi e strategie sanitarie. Ma si rifiuta. A riferirlo è l’avvocato Gaetano Aufiero: “L’unica persona che può convincere Raffaele Cutolo ad accettare la tac è la moglie. Ma la donna non vede il marito da 18 giorni e, secondo il regolamento carcerario per i reclusi al carcere duro, potrà incontrare il marito solo una volta al mese, allo scadere del trentesimo giorno di detenzione. Troppo, prima che accada qualcosa di irreparabile”. E a questo il legale aggiunge anche tutti i tentativi fatti per renderlo possibile: “Ho scritto al Dap, indirizzando un’istanza al direttore del carcere di Parma, per avere un’anticipazione del colloquio tra la moglie e il detenuto. Comprendo tutte le ragioni che impongono rigore e severità – ha spiegato il penalista – ma qui sono in ballo questioni che attengono il diritto alla salute, che è garantito dalla nostra Costituzione”. Un caso che resta al centro dell’attenzione giudiziaria, anche alla luce delle recente istanza avanzata dal boss della nuova camorra organizzata, alla luce dei recenti dispositivi in materia di carcere ostativo. Ma i permessi potrebbero essere concessi solo a determinati casi, come ad esempio offrire collaborazione alla giustizia. Tuttavia il 79enne Cutolo non ha mai dato corso a una scelta collaborativa con lo Stato. Però la richiesta di incontrare la moglie, fosse solo anche per qualche ora, in un luogo che non sia un carcere, lontano da impianti di videocontrollo e di registrazione, l’ex boss di camorra l’ha avanzata ugualmente. Ed è in questo clima che si registra il rifiuto di Cutolo di essere sottoposto a una tac. Non è chiaro se è un rifiuto cosciente o se si tratta di una provocazione, anche alla luce di quanto accaduto venerdì pomeriggio al cospetto del garante dei detenuti del distretto emiliano. Ora però l’attenzione si sposta alle richieste spedite in carcere dall’avvocato Aufiero, che spiega al Mattino: “In questi anni, e in questi ultimi giorni, Raffaele Cutolo è stato curato benissimo, nel rispetto di tutti i protocolli riconosciuti dalla comunità europea. Non capiamo perché non ascoltano questa nostra richiesta, che consentirebbe di fare un’ultima verifica: mettere Cutolo di fronte alla moglie Immacolata Iacone, l’unica persona che è in grado di convincere il marito a riaprire il discorso con i protocolli sanitari, spingendolo ad accettare le tac e le eventuali proposte da parte dei medici. Non si può attendere ancora tanto, limitarsi a rimandare l’incontro dei due coniugi alla scadenza dei trenta giorni rischia di diventare inutile (viste le condizioni di salute di Cutolo) ma anche disumano”.

 

 

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