Sono ancora oggetto di indagine le circostanze che, nella tarda serata di ieri, hanno portato al ferimento di Francesco Di Micco, il 30enne di Caivano ricoverato presso l’ospedale dei Pellegrini di Napoli per un colpo di pistola. Secondo una ricostruzione fornita dalla stessa vittima ai carabinieri della compagnia Stella l’episodio sarebbe accaduto nei pressi di piazza Carlo III e sarebbe la conseguenza di un tentativo di rapina. Di Micco, infatti, ha riferito ai militari si essere stato avvicinato da sconosciuti che, sotto la minaccia di una pistola, gli avrebbero intimato di consegnare denaro e altri oggetti di valore. Tuttavia, nonostante l’arma puntata, l’uomo avrebbe abbozzato una reazione innescando, però, la furia dei suoi aggressori, uno dei quali avrebbe sparato, ferendolo alla gamba sinistra. Quindi, la fuga dei malviventi mentre Di Micco, con mezzi propri, avrebbe raggiunto la struttura ospedaliera del centro storico dove i medici, dopo un primo accertamento, gli hanno riscontrato un foro d’entrata all’altezza del polpaccio. Per lui una prognosi di 21 giorni. Nel frattempo, però, sono stati allertati i carabinieri che, accorsi sul posto, hanno raccolto le dichiarazioni del 30enne. Una versione su cui, tuttavia, sono ancora in corso accertamenti per verificarne la veridicità. Di Micco, infatti, come emerso dai controlli a terminale, risulta gravato da alcuni vecchi precedenti. Poca roba, riferiscono gli investigatori dell’Arma, che, però, vogliono vederci chiaro.

Il motivo è che il 30enne vanta parentele illustri nel mondo della criminalità caivanese. Un suo familiare, ad esempio, è attualmente sottoposto ai domiciliari perché, alcuni anni fa, fu arrestato con l’accusa di essere a capo di una banda attiva nel settore delle rapine e dello spaccio di stupefacenti. Durante una perquisizione presso la sua abitazione, non a caso, furono trovati 10 grammi di cocaina. Di Micco, inoltre, è un lontano parente di Peppe ‘a pesecca, al secolo Giuseppe Di Micco, trucidato in un agguato di camorra nel 2003. Indicato come reggente dell’allora gruppo Marino di Caivano, Di Micco, come emerso nel corso delle indagini, fu ucciso per decisione dei Belforte di Marcianise e dei Castaldo, questi ultimi, come i Marino, insediati nel popoloso comune della periferia nord. Il motivo dell’omicidio sarebbe legato al timore dei boss che Di Micco potesse seguire l’esempio del suo vecchio capo, Giuseppe Marino che, proprio in quel periodo, aveva deciso di iniziare a collaborare con gli inquirenti. Parentele che, però, non avrebbero alcun legame con quanto accaduto al 30enne ma che, allo stesso tempo, hanno fatto drizzare le orecchie agli investigatori. Non è escluso, infatti, che il racconto del giovane Di Micco, che presenterebbe diverse lacune e punti oscuri, possa nascondere un’altra verità.

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