La quinta ondata di Covid è già realtà in Sudafrica e negli Usa, ma è presto per capire quanto effettivamente le nuova varianti siano virulente. Lo ha sottolineato Enrico Bucci, adjunct professor della Temple University di Philadelphia,che in diversi post su Facebook e sul ‘Fogliò affronta l’argomento delle new entry nella famiglia della variante Omicron di Sars-CoV-2. «In Africa due nuove sottovarianti di Omicron, BA.4 e BA.5, stanno prendendo il sopravvento. Anche negli Usa è emersa una nuova sottovariante, derivata da BA.2 (Omicron 2): è la BA.2.12.1. In associazione a queste nuove varianti stanno risalendo i casi in entrambi i Paesi. Con i casi, si inizia a vedere anche la salita delle nuove ospedalizzazioni. Questi dati non ci dicono ancora se le nuove »trovate evolutive« di Omicron siano più virulente delle precedenti. Ci dicono però che, aumentando i casi, la pressione sugli ospedali potrebbe ricominciare a salire, se la tendenza non cambia rapidamente». Quello che è certo è che «Omicron diventa sempre più trasmissibile». E in Sudafrica «vi è un aumento di due nuove sottovarianti Omicron, la BA.4 e la BA.5, che stanno rapidamente rimpiazzando la precedente variante BA.2, la quale aveva a sua volta sostituito molto presto la variante omicron iniziale, la BA.1», dice Bucci. Cosa si sa di loro? «I primi dati sembrano mostrare che l’infezione con le sue varianti comparse qualche mese fa non generi immunità sufficiente verso le nuove», scrive su Facebook.

La loro entrata in azione sarà un problema per l’Italia? «Non possiamo saperlo, perché i fattori in gioco – struttura di popolazione, tasso di vaccinazione con tre dosi, clima e molti altri – sono troppi per fare previsioni. Ma la realtà non va nascosta in nome del quieto vivere, e quindi è bene seguire con attenzione l’evoluzione della situazione in paesi ove certi segnali si notano già adesso», osserva l’esperto. «Come evidenziato dal laboratorio di Tulio de Oliveira della Stellenbosch University, in Sudafrica, BA.4 e BA.5 hanno rappresentato più della metà delle nuove infezioni del Sud Africa nella prima settimana di aprile e sono più trasmissibili rispetto al precedente alla versione BA.2», analizza Bucci, che cita anche un secondo lavoro, quello del «laboratorio di Alex Sigal dello Africa Health Research Institute, a Durban, sempre in Sudafrica». I ricercatori hanno rilevato dati che evidenziano come, «si sia vaccinati o meno, una precedente infezione da Omicron non protegge dall’infezione con le nuove varianti. L’attività neutralizzante contro BA.4 e BA.5», hanno osservato gli esperti, «è bassa, peggio per i non vaccinati che per i vaccinati, ma comunque realisticamente insufficiente a proteggere dall’infezione». «In solo quattro mesi, l’immunità di popolazione è stata superata due volte, nel primo caso da Omicron BA.1 e BA.2, e oggi da BA.4 e BA.5», ragiona Bucci. «Non è il caso di vedere catastrofi incombenti, perché in ogni caso, finora, la protezione contro la malattia severa ha retto – conclude – Si tratta solo di capire come funziona l’evoluzione e soprattutto di spingere perché il monitoraggio in Italia migliori e si faccia presto con i vaccini ad ampio spettro di nuova generazione».

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