Sono passati ormai due anni dal quel giorno in cui la vita mia e quella di nostra figlia è cambiata per sempre. Da quando, un marito devoto ed un padre amorevole non ha più fatto ritorno a casa dalla routine delle attività e delle commissioni quotidiane. Ricordo vividamente e con lacerante dolore le fredde parole di chi mi annunciava che il mio, il nostro Nicola, non c’era più e che tutto era dipeso da una “scelta volontaria”, da un “gesto estremo”. Io ancora non sapevo di aver perso l’uomo della mia vita che già la locale testata giornalistica (???) “Atellanews” batteva la notizia del SUICIDIO di mio marito. Io e mia figlia distrutte da un dolore così grande abbiamo da SUBITO dovuto fare i conti con il vorticoso loop di domande ed insinuazioni a cui attonite ed atterrite non riuscivamo a dare un senso, un significato, figuriamoci una risposta! Allo shock proprio della morte, si accompagnava in maniera crudele e pervicace l’assillante necessità di chiedersi il perché di tutto questo. In quelle ore immediatamente successive all’evento, anche se fisicamente attorniate da tante persone, io e Miriam ci siamo sentite tremendamente sole. Sole al cospetto del nostro infinito dolore e sole tra le tante effimere certezze di chi aveva già dato superficiali risposte alle proprie domande. Tanti, troppi, nel florilegio di commiati al defunto non mostravano il minimo dubbio, il più piccolo dei tentennamenti: erano certi che Nicola, la persona che ritenevano di conoscere come solare e disponibile, AVEVA DECISO! di porre termine estemporaneamente alla propria esistenza, lasciando il piatto ancora fumante sulla tavola apparecchiata che inutilmente lo attendeva casa sua. Tanti se non tutti bisbigliavano le LORO verità, pettegolavano sui come e sul perché e pur celebrando la vita retta e pia di un uomo ben voluto, si battevano ipocritamente il petto per non averne percepito il disagio e la conseguente necessità di aiuto (cit.). Così facendo, hanno cominciato a scavare un solco sempre più profondo tra le loro effimere convinzioni e le tragiche (in)certezze di una moglie e di una figlia che perso il centro della loro vita, il baluardo della loro esistenza, in quel momento non potevano avere la forza e la lucidità per contestarne le ragioni e rivendicare il giusto silenzioso rispetto per il loro lancinante dolore. Possibile che tutti avevano una risposta per quanto accaduto ed io e mia figlia no? È stata questa la tormentata domanda che mi ha progressivamente restituito un briciolo di amara e lucida determinazione: quella di fare chiarezza su quanto accaduto allo scopo di restituite dignità oltre che alla vita, anche alla morte di mio marito! Ed è così, che pur nella devastante consapevolezza che niente e nessuno mi avrebbe riportato Nicola in vita, ho intrapreso con l’avvocato Bortone Cesario un percorso giudiziario che sostituisse i fatti ed i rilievi scientifici alle congetture ed alle supposizioni. Ebbene, all’esito di un accurato accertamento tecnico disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord nell’ambito di un procedimento giudiziario che risulta tuttora pendente, i consulenti incaricati dal pubblico ministero inquirente hanno accertato che Nicola “è risultato essere affetto IN VITA da una cardiopatia ischemica cronica determinata da una coronarosclerosi diffusa di grado moderato -severo con rami della coronaria sinistra sede di stenosi critica (80%)”. In pratica, mentre tanti millantavano offensive certezze sul suicidio di mio marito, l’accurata autopsia a cui è stato sottoposto in ragione delle motivate e competenti richieste del professionista incaricato, ha scientificamente accertato che la causa della sua morte è da ricondurre ad un malore immediatamente precedente alla precipitazione al suolo. Nicola sì è sentito male per un violento attacco cardiaco con conseguente “ipoperfusione cerebrale cui ricollegare la precipitazione da media altezza …” (cit.) che gli ha severamente limitato il naturale flusso di sangue al cervello. Secondo la ricostruzione dei professionisti incaricati dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Napoli Nord, la morte di mio marito è dunque riconducibile ad una sincope dovuta al grave scompenso cardiaco i cui effetti sono stati irrimediabilmente enfatizzati dalla posizione eretta in cui si trovava. Ed ora che le cause del decesso sono state analiticamente accertate e sono di fatto così lontane dalle superficiali ricostruzioni dei più, pur nella mesta ed irreversibile consapevolezza che niente e nessuno potrà mai restituire un marito a sua moglie ed un padre a sua figlia, voglio che questa triste vicenda sia nota in tutte le sue pieghe anche quelle più meschine fatte di opportunistico sensazionalismo ed ipocrita condivisione del dolore affinché certe situazioni non abbiano più a ripetersi come avrebbe voluto Nicola tanto legato alla suo paese d’origine ed ai suoi concittadini. A tale scopo, mi chiedo e chiedo: con quale professionalità, il direttore responsabile della testata “AtellaNews” a poche ore/minuti!!! dall’evento ha pubblicato la notizia del SUICIDIO di Esposito Ziello Nicola? In virtù di quali elementi ha diffuso la ricostruzione degli eventi? Ha verificato la fondatezza della notizia? È realmente consapevole degli effetti devastanti che una notizia non adeguatamente verificata può ingenerare nella vita delle persone coinvolte da eventi tanto tragici? O crede che l’atroce dolore di essere umani possa essere sacrificato per qualche visualizzazione in più? E voi altri che non avete esitato neanche un attimo ad attribuire a Nicola la volontarietà di un gesto autolesionista, credete ancora di avere conosciuto veramente l’uomo, la persona? I suoi valori, la sua integrità morale, il suo incrollabile attaccamento alla fede? In attesa di risposte che probabilmente mai arriveranno, di questa triste storia mi consola solamente la convinzione che se anche un solo lettore si dovesse fermare a riflettere sugli effetti e sulle sofferenze inerzialmente generate da una superficiale ed incontrollata divulgazione di fatti e di notizie che possono riguardare ognuno di noi, la morte di Nicola per quanto prematura e dolorosa da accettare, rappresenterebbe l’ennesimo gesto d’amore di un uomo che ha speso tutta la propria esistenza nell’incarnazione dei valori della dedizione alla famiglia, al lavoro ed alla orgogliosa rivendicazione della terra natia nei confronti della quale non ha mai mancato di mostrare il proprio attaccamento e che ha sentito costantemente sua. Un’ultima preghiera mi sia consentita in tal senso: rendere omaggio alla memoria di mio marito ed in particolare allo scrupolo con cui svolgeva le proprie attività, invitando le autorità pubbliche competenti, il Sindaco e gli organi di governo di Sant’Arpino alla necessaria revisione della effettiva sicurezza del Suo storico luogo di lavoro, la sede comunale di Palazzo Sanchez de Luna d’Aragona. Nella sfortunata circostanza già abbondantemente richiamata, Nicola è precipitato da un “balconicino” sito al 2° piano della casa comunale. La ringhiera presente in loco, uno spazio angusto incisivamente limitato dalla presenza di una porta antipanico con raggio di apertura verso l’esterno, è evidentemente sottodimensionata per altezza ed estensione e rappresenta una barriera di protezione oggettivamente inadeguata nei confronti di persone di media altezza soprattutto in particolari situazioni come quelle che possono essere generate anche da un semplice capogiro. Oltre che alle norme in materia, credo al riguardo che sia doveroso affidare anche alla coscienza di che ne ha la legale responsabilità, la tutela della incolumità di quanti per lavoro o per necessità frequentano la struttura. Ecco, sono questi i motivi che mi hanno spinto a rendere pubblica la verità su quanto accaduto: non era giusto che una storia d’amore tanto grande celebrasse un distacco così traumatico per volontà divina senza originare l’ennesimo frutto del costante amore per il prossimo e la cura per le persone che gli stavano vicino rappresentati in vita da mio marito. Adesso sì, riposa in pace Nicola mio e non smettere mai di vegliare su quanti ti hanno voluto bene.

Carmela Caporaso
(Vedova Nicola Esposito Ziello)

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