A Pianosequenza, la sezione jazz di Settembre al Borgo stasera (ore 19.30) nella suggestiva atmosfera del Duomo di Casertavecchia è protagonista StefaniaTallini. Musicista raffinata e originale, la pianista vanta una brillante carriera artistica arricchita da sei dischi.

Diplomata in pianoforte nel 1990 presso il Conservatorio “S.Cecilia” di Roma e – al Conservatorio di Frosinone, nel 2001 – ha conseguito con il massimo dei voti anche il diploma di Jazz (Arrangiamento e Composizione per Big Band ), con il M° Gerardo Iacoucci. In carriera ha partecipato a tutti i Festival italiani più importanti e di rilievo è anche la sua attività di arrangiatrice e compositrice nell’ambito della quale ha vinto nel 2001, col suo brano “Minor Tango” il “Concorso Internazionale di Arrangiamento e Composizione per Orchestra Jazz” di Barga ed è stata finalista all’analogo Concorso ” Scrivere in Jazz ” di Sassari 2002.

 

Va segnalato, inoltre, che due suoi brani ” December Waltz ” e ” When All Was Chet” sono stati registrati dal trio di Enrico Pieranunzi, musicista a cui la lega un pluriennale collaborazione assieme a quelle che l’hanno vista dividere il palco con artisti del calibro di Bruno Tommaso, Javier Girotto, Remì Vignolò, Bert Joris, Matthieu Chazarenc, Ada Montellanico, Maurizio Giammarco, Michele Rabbia, Andy Gravish e Massimo Nunzi.

“Il pianoforte è per me uno strumento di ricerca” – così dichiara lei – “uno strumento di espressione mia totale. Un elemento familiare, fin da quando ero piccolissima, il mio nascondiglio, la mia capanna, il mio gioco principale. E poi sì, la mia anima profonda, ciò che è sono io, fino in fondo e senza difese. Ho iniziato a 4 anni e mezzo, suonando a orecchio tutto ciò che sentivo e allo stesso tempo, inventando brani: non so bene che tipo di brani, non posso ricordarlo. Ma mi è chiarissima la sensazione di allora di fare questo. Poi ho seguito gli studi accademici fino al diploma al Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Nel frattempo ho sempre continuato ad improvvisare per mio conto, in un linguaggio che non aveva a che fare con nulla in particolare, ma che sentivo essere mio. Nell’adolescenza ho avuto un primo forte amore per la musica brasiliana e verso i 17 anni – ascoltando un disco di Chet Baker – la folgorazione per il jazz. Così ho iniziato a studiare jazz (facendo i vari corsi di Siena Jazz etc.) per un po’ di anni e successivamente mi sono diplomata anche in arrangiamento per Big Band al conservatorio Refice di Frosinone, con Gerardo Jacoucci. Ma la cosa forte che a un certo punto è accaduta è che se fino ad allora componevo musica meno definita, mai determinata in una forma o in un linguaggio specifico, a poco a poco essa ha cominciato a concretizzarsi in una forma sua, che non era certamente jazzistica (come linguaggio, come ritmica, come pronuncia) ma che in qualche modo si era nutrita di quel jazz che amavo. Nel 2002 ho inciso il mio primo disco, che comprendeva composizioni scritte e arrangiate da me. Chiaramente un “primo disco”: ingenuo, inesperto, ma la cui certezza stava sicuramente nel fatto di proporre musica mia. E da lì una serie di altri dischi sempre basati su brani scritti e arrangiati da me per gli organici che di volta in volta sceglievo, con musicisti di grande livello (Girotto, Gravish, Mirabassi, Renzi, Angelucci) che hanno sempre creduto con forza nella mia musica. Una musica che gli esperti amano definire “musica di confine” o “crossover”, definizioni che non hanno davvero senso. Quale sarebbe questo confine? E fin dove arriva? E da dove partirebbe? Insomma, mi sembra tutto molto vuoto alla fine. Il punto è: mi piace? Non mi piace? È bello? Non lo è? Ognuno è libero di scegliere la musica che vuole. Io non voglio piacere a tutti, non mi interessa, chi ama la mia musica mi segua, chi non la ama cerchi altro. Non è quello il mio obiettivo. Ciò che cerco è semplicemente esprimere quello che sento e che nella mia vita è sempre diventato musica. Anzi, mi sento profondamente fortunata per questo e non voglio mai dimenticare il privilegio che ho nel poter esprimere ciò che sono attraverso di essa”.

Al centro del concerto di stasera i brani del suo ultimo lavoro in studio, “The Illusionist”, uscito per l’etichetta Alfamusic, qualche mese fa, disco di piano solo, che certifica l’avvenuta maturità di quest’artista che riesce grazie al suo raffinato tocco, a veicolare nell’ascoltatore emozioni che si percepiscono autentici e non frutto di routine, malattia che attanaglia purtroppo gran parte del jazz contemporaneo.

Nicola Di Santo

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