di Mario De Michele

Enzo Amendola batte un altro record: perdere tutte le elezioni importanti (provinciali, regionali politiche) che si sono tenute durante gli anni del suo mandato da segretario campano del Pd. Un lunghissimo e interminabile rosario di sconfitte. Disfatta dopo disfatta i Democratici hanno subito un’incontenibile emorragia di voti.

E di questo passo corrono il serio rischio di morire dissanguati. Se ne accorto persino lui, lo sconfitto per eccellenza. Amendola ha annunciato “un’urgente fase di riflessione e di radicale ripensamento visti i risultati elettorali”. Però il segretario regionale del Pd è fuori tempo massimo. Dopo l’ennesimo disastro è facile dire: “ognuno deve interrogarsi sulle proprie responsabilità”.

Ma dov’era Amendola quando i vertici romani hanno colonizzato la Campania calando dall’alto la più nutrita pattuglia d’Italia di candidati blindati? Dov’era quando la composizione delle liste (Campania 1 e 2, e Senato) è stata contestata da tutte le federazioni provinciali? Dov’era quando il Pd regionale doveva far valere le proprie ragioni, rivendicare rispetto e dignità politica?

Il segretario regionale era in missione a Roma a perorare la propria causa. Era lì a fare sì con testa pur di garantirsi un posto sicurissimo alla Camera. E ora annuncia una “fase di riflessione” e invita tutti a “interrogarsi sugli errori”. Ma Amendola è l’unico che non ha nulla su cui riflettere e che non si deve interrogare su niente. Deve dimettersi e basta.

Tanto attiverà subito il paracadute per atterrare su una comoda poltrona di Montecitorio. Analizzando l’esito elettorale nazionale, Bersani ha detto che il Pd è arrivato primo ma non ha vinto. Amendola è stato ancora più bravo: pur perdendo ha vinto un posto in Parlamento. Un perdente di successo.

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