di Mario De Michele

Caro Fortunato, non vorrei sbagliarmi ma ricordo di averti conosciuto durante una delle edizioni della rassegna Pulcinellamente che si svolge ogni anno al teatro Lendi di Sant’Arpino. Fosti così gentile da concedere una video intervista a Campania Notizie. Già allora mi resi conto di trovarmi di fronte a una persona “speciale”. Quelle che dicono sempre ciò che pensano e pensano sempre ciò che dicono. Ho avuto la conferma di quell’impressione quando ho letto l’articolo intitolato ‘A pistola ‘nfaccia a De Michele (clicca sul link in basso) nella tua rubrica “Int ‘o rione” sul Corriere del Mezzogiorno. Dici al tuo interlocutore: “A te hanno mai puntato una pistola in faccia?”. E aggiungi: “Quando è successo a me la prima volta, fortunatamente il ragazzo col casco integrale sul volto è riuscito a mantenere il controllo. Era strafatto. Nonostante la mano gli tremasse vistosamente durante la rapina nel bar dove lavoravo, la pressione sul grilletto non ha mai raggiunto la spinta necessaria per far esplodere il colpo in canna. La seconda volta invece ho capito subito, ma forse l’ho sperato soprattutto, che il colpo non sarebbe mai partito. Mentre un tipo col volto scoperto mi puntava ‘o fierro ‘nfaccia, gli altri che erano con lui si impossessavano della mia Vespa, pagata con i soldi che guadagnavo facendo il cameriere, e sparivano. Non ho opposto resistenza. Sono rimasto abbastanza calmo nonostante le offese ingiustificate e uno schiaffo in pieno volto. Proprio quello schiaffo mi ha fatto capire che sarei tornato a casa. A piedi, ma vivo”.

Ecco. In poche righe (altro che film, serie tv o libri) hai fatto capire a tutti cosa significa vivere e lavorare in un territorio difficile come quello del Napoletano e del Casertano. Non sono d’accordo, ma ti ringrazio perché so che lo pensi davvero, sul fatto che sarei un giornalista coraggioso. Sono soltanto un cronista. Uno che cerca di raccontare ciò che avviene “qui da noi”. Uno che ha il dovere professionale, morale e civile di farlo. E non sono per nulla coraggioso soprattutto perché senza l’immediata misura di tutela predisposta dal prefetto di Caserta mi sarei fermato, avrei gettato la spugna, l’avrei data vinta ai malviventi che mi hanno sparato addosso per uccidermi. Avrei cambiato mestiere e vita. Non avrei avuto il coraggio, che tu mi attribuisci, per non sentire ogni secondo il peso del clima di terrore nel quale avrei fatto vivere la mia famiglia. Così come tu hai deciso di non restare per sempre ingabbiato nei panni di Pietro Savastano preferendo fare il tuo mestiere, l’attore, io voglio semplicemente restare una persona che nel suo piccolo, con pochi pregi e tanti difetti, cerca di dare un contributo alla rinascita del “nostro” territorio. Lo faccio con la speranza, perché non nascondo di aver paura, che in vita mia mani nessuno mi punti ‘na pistola ‘nfaccia.

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