di Carmine Crisci*

I dati diffusi dall’ISTAT circa il numero di inoccupati, e cioè di coloro che non cercano un impiego pur essendo disponibili a lavorare perché convinti di non riuscire a trovarlo, e dei cosiddetti scoraggiati, vale a dire coloro che non lo cercano, soprattutto giovani,

perché convinti di trovare solo un impiego precario, sono fortemente preoccupanti. A costoro si aggiungono i lavoratori espulsi dai processi produttivi a seguito di crisi aziendali per i quali terminati gli ammortizzatori sociali si profila un futuro di disoccupazione. I dati ISTAT evidenziano un atteggiamento diffuso e crescente, specie tra i giovani, di sfiducia verso le istituzioni pubbliche e sul loro ruolo da un lato di mettere in comunicazione domanda e offerta e, dall’altro, di essere capaci di praticare politiche attive per il lavoro. Questi dati, che vanno oltre la mera distinzione tra occupati e disoccupati, vedono nel Mezzogiorno una percentuale che tocca il 25% della forza-lavoro locale, un dato sei volte si superiore a quello del Nord del Paese.

Pertanto è in discussione non solo il dato della crisi in corso e di politiche recessive che penalizzano l’occupazione e scoraggiano dal cercarla, ma lo stesso ruolo delle istituzioni pubbliche di governo del mercato del lavoro percepite come “inutili” o comunque scarsamente incidenti. Sul nostro territorio queste analisi trovano una drammatica conferma e una crescita esponenziale del fenomeno rilevato dall’Istituto di statistica. Il primo dato che balza all’evidenza è che su una popolazione di quasi un milione di abitanti gli occupati sono appena 270.000, il 29,7% del totale. Altro dato emblematico del dramma sociale che colpisce il nostro territorio è quello riferito alla Cassa integrazione: nel 2011 le ore di CIG ordinaria autorizzate dall’INPS sono 868.675, quelle di CIG Straordinaria 10.025.422. E questo senza considerare la Cassa Integrazione in deroga.

Ai quasi 210.000 disoccupati vanno pertanto aggiunto proprio i cosiddetti inattivi, coloro cioè che il lavoro neanche se lo cercano più. Più volte la CISL ha denunciato una situazione che vede la disoccupazione femminile toccare in provincia di Caserta il tasso del 57%; quella giovanile che nella media provinciale è del 45,11% (dato 2011 ISTAT Campania), in alcune zone supera il 60. Aggiungiamo che quello della disoccupazione giovanile è il dato più drammatico e in crescita: dai dati ISTAT si apprende che nella fascia di età dai 15 ai 24 anni è passato dal 35,12% del 2004 a quello attuale del 45,11%.

Per quanto riguarda i giovani, va inoltre aggiunto che nel 2010 il 34% ha abbandonato il nostro territorio in cerca di lavoro altrove; nel 2011 la percentuale è salita al 39,7% : un’emigrazione non sono di braccia ma soprattutto di cervelli, con effetti di grande depauperamento del territorio. Due generazioni di casertani stanno perdendo l’appuntamento con il lavoro. Ancora a proposito di giovani: nel 2010 su circa 5600 laureati presso la SUN, solo 578 di essi ha trovato un’occupazione sul nostro territorio e il 40% di essi non l’ha neanche trovata corrispondente al suo percorso formativo. Per contrastare il fenomeno crescente degli inattivi, diffuso specialmente tra i giovani e le donne, e che a differenza della disoccupazione classica denota un atteggiamento pericoloso per la tenuta sociale di sfiducia verso le istituzioni, occorrono vari ingredienti.

In primo luogo è quanto mai necessario, da una parte, approvare rapidamente la riforma del lavoro che valorizzando la buona occupazione e penalizzando le flessibilità malate, può contribuire a ridurre l’inattività, oltre che la disoccupazione, rimettendo in circolazione un capitale umano che rischia di perdersi. Ma ciò che è fondamentale, per quanto riguarda il nostro territorio, ed è questa la proposta della CISL, è la costruzione di un Patto per lo sviluppo che coinvolga le parti sociali e istituzionali avente al suo centro una vera politica attiva per il lavoro, applicando l’Accordo tra sindacati e Regione Campania, il primo in Italia che mette al centro la lotta alla precarietà tramite l’apprendistato professionalizzante, unico strumento in grado di creare una stretta connessione tra lavoro e formazione.

Al centro del Patto che la CISL di Caserta propone occorre un censimento e un monitoraggio costante delle risorse umane e delle professionalità esistenti, attraverso la costituzione di un Osservatorio del Lavoro composto dalla Provincia, le sue Agenzie per l’impiego, le Associazioni datoriali e le Organizzazioni sindacali per monitorare e classificare la forza lavoro, a partire dai giovani e dalle donne e compresa quella attualmente in regime di ammortizzatori sociali, per individuare le caratteristiche su cui costruire un grande progetto di formazione e di riqualificazione mobilitando tutte le risorse nazionali, regionali e provinciali disponibili.

Ciò presuppone una forte rivitalizzazione degli strumenti pubblici che intervengono sul mercato del lavoro, a partire dal ruolo delle Agenzie per l’impiego che devono diventare l’ossatura della costruzione di un rapporto tra esigenze delle imprese, conoscenza della domanda e della sua qualificazione, sistema della formazione, rivitalizzazione necessaria sia per contrastare la diffusione del fenomeno degli inattivi, sia per evitare il monopolio delle agenzie private di collocamento nel settore del mercato del lavoro e della formazione.

*Segretario Generale Cisl Caserta

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