di Mario De Michele

La morte di Silvio Berlusconi ha aperto una voragine nella politica italiana. Quello che conta adesso è capire chi saranno e che faranno i suoi eredi politici perché quel pacchetto di voti ha un peso importante, così importante che potrebbero discenderne i futuri assetti di potere italiani e perfino europei, in previsione delle elezioni del prossimo anno. Tutti, all’unisono, dal coordinatore ai capigruppo fino all’ultimo degli iscritti ripete disegna come un mantra l’orizzonte: “Forza Italia sarà sempre il partito di Silvio Berlusconi”. Una sorta di gollismo all’italiana. In partenza non è proprio il massimo: in Francia i gollisti sono schiacciati nella morsa di lepenisti e macroniani. Intanto sul tavolo c’è la roadmap per rendere FI un partito “normale”. Dai cassetti viene estratto lo statuto. Giovedì 22 giugno il comitato di presidenza convocherà il consiglio nazionale per eleggere un presidente reggente, che a sua volta convocherà – parola finora indicibile – il congresso per designare il successore del Cavaliere. Sul nome pochi dubbi: sarà Antonio Tajani. Il capogruppo al Senato Licia Ronzulli è un personaggio chiave: in 8 mesi è passata da star del berlusconismo a eretica in bilico. Per ora resterà al suo posto: non è il momento delle vendette. Tajani mette le mani avanti: “La gestione del partito non sarà certo autoritaria ma il più possibile tesa a fare sintesi”. Tanto più fino al congresso. Per l’incoronazione il ministro degli Esteri dovrà però aspettare il 2024: un congresso non lontano dal voto delle Europee (in giugno) può essere un buon traino per un partito in lotta per la sopravvivenza. I figli di Berlusconi, a cominciare da Marina, hanno fatto la loro scelta: “Appoggio indiscusso al governo, Tajani alla guida di FI”. L’anomalia del partito personale cambia registro, si fa familiare. D’altronde senza i finanziamenti dei Berlusconi gli azzurri cesserebbe semplicemente di esistere. Nei giorni scorsi era circolata la voce che un familiare potesse subentrare al Cav nel collegio senatoriale di Monza rimasto vacante. Nonostante la secca smentita di Tajani, Paolo Berlusconi resta però il principale indiziato alla candidatura. Anche lui ha detto “no”. Ma Paolo B. ha fama di abile illusionista. Mascherare una candidatura prima di formalizzarla, in politica, è il trucco più usato. Poi c’è Marta Fascina, tra i massimi protagonisti delle lotte intestine di questi mesi: lei a stoppare l’ascesa di Ronzulli, lei a provare il colpo di mano con nomine strategiche destinate ai suoi amici, lei ultimo filtro telefonico del leader, lei in prima fila coi figli al funerale. Ma ora, dice Tajani, “è un deputato e la compagna di vita di Berlusconi, non c’è bisogno di spazi formali”. Insomma resta quasi sospesa. Non si sa cosa pensi, non si sa cosa dica, non si sa cosa sappia, non si sa cosa voglia. E Giorgia Meloni? La premier osserva con grande attenzione e altrettanta cautela. Osteggiata a lungo da Berlusconi – che se proprio avesse dovuto scegliere un erede avrebbe preferito Salvini – alla fine l’aveva indotto all’allineamento, complici gli interessi aziendali e il realismo dei figli. Ora la presidente del consiglio non intende affatto accelerare l’annessione di Forza Italia. Le serve viva e vegeta in quanto trait d’union dell’auspicata alleanza col Partito popolare europeo. Quindi l’ordine ai fratellisti è di bloccare gli accessi ai forzisti in fuga. Forza Italia va salvata. L’urgenza e la paura sono tali che Meloni guarda con favore all’idea di abbassare la soglia di sbarramento alle Europee dal 4 al 3%. Perché qualora il blocco di riferimento italiano del Ppe non conquistasse seggi, verrebbe messo a repentaglio il progetto europeo della premier. La morte del Cav ha indotto anche Matteo Salvini a cambiare strategia. Il leader del Carroccio sembra aver rinunciato al progetto velleitario di contendere a Meloni l’eredità del berlusconismo. Il futuro percorso politico della Lega è segnato: lasciare alla premier lo spazio al centro per contenderle quello a destra. Un partito più radicalizzato a fare il contropelo a Fratelli d’Italia più moderati. Se così fosse è prevedibile una resa dei conti dopo le Europee. Ecco perché le vicende di Forza Italia sono il fatto più importante di questi giorni. Andranno seguite passo passo. Da qui a un anno (alle Europee si vota tra il 6 e il 9 giugno 2024) saranno decisive per tutti. Anche per il futuro del centrosinistra.

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