Domani al Senato riprenderà l’esame della manovra approvata alla Camera due giorni fa dopo una lunga maratona notturna. E proprio come a Montecitorio, per non correre rischi, il governo ha optato per la via più sicura: quella di mettere la fiducia sulla legge di Bilancio. Troppo stretti i tempi, troppo importante la partita per rischiare: l’intero provvedimento va licenziato entro il 31 dicembre, pena l’esercizio provvisorio. Un’eventualità che nella storia repubblicana si è verificata (calcolano gli esperti di procedure parlamentari) 33 volte, l’ultima delle quali nel 1988. In pratica, si tratterebbe dell’impossibilità per il governo di spendere le risorse messe a bilancio, dovendo limitarsi a far uscire dalle casse pubbliche non più di un dodicesimo ogni mese di quanto previsto dai saldi di finanza pubblica per l’intero anno. Una condizione che, aldilà degli effetti pratici, avrebbe pesanti ripercussioni simboliche, in termini di credibilità dell’Italia sui mercati finanziari. Ecco perché anche al Senato si procederà con la fiducia: tutti gli emendamenti presentati in Aula dai senatori decadranno, e si voterà il testo così com’è stato proposto dal governo. Qualche modifica, rispetto al provvedimento uscito dalla Camera, tecnicamente è ancora possibile. Tuttavia se ce ne saranno, la legge dovrà tornare a Montecitorio per un nuovo voto favorevole da svolgersi entro il 31 dicembre. Motivo per cui – considerate anche le feste di mezzo e il fatto che, come si sente bisbigliare tra i corridoi dei palazzi della politica, molti parlamentari non vorranno perdersi il cenone di San Silvestro – è improbabile che dal Senato esca una legge revisionata. I lavori di Palazzo Madama sul Bilancio affiancheranno quelli di Montecitorio sul decreto anti-Rave: un altro provvedimento il cui via libera definitivo corre sul filo dei giorni, se non delle ore. Approvato il 13 dicembre al Senato, è atteso alla Camera per il 27: pena la decadenza, dovrà essere convertito entro il 30 dicembre.

Mario De Michele

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