Per la prima volta nella storia, il debito sovrano degli Stati Uniti subisce un abbassamento del rating ad opera di Standard & Poor’s. La valutazione AAA è stata abbassata di un gradino, a AA+, con un outlook che rimane negativo. La decisione è arrivata per “i rischi politici” che derivano dall’insufficienza degli interventi sul debito.

“Il piano di risanamento – scrive S&P – non è adeguato a quanto sarebbe necessario per stabilizzare nel medio-termine il debito. L’efficacia, la stabilità e la prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento” in cui le sfide fiscali ed economiche aumentano. Un altro taglio, spiega ancora l’agenzia, potrebbe maturare nell’arco dei prossimi 12 o 18 mesi in mancanza di “correzioni solide”. L’agenzia in un secondo momento ha motivato il rating. Spiega Jean-Michel Six, capo economista europeo di S&P: “Non è una sanzione o una punizione. Facciamo delle diagnosi che permettono di confrontare la qualità del credito”. E, nel caso degli Usa, secondo S&P “I rischi politici pesano più dei rischi di bilancio”. L’agenzia sottolinea che la riconquista del rating AAA da parte degli Usa dipenderà dall’andamento del risanamento economico. Obama: “Obbiettivo lavoro”. “La nostra missione urgente è far crescere l’economia più velocemente e creare posti di lavoro, questa è la cosa a cui pensano gli americano, questo è quello che preoccupa le famiglie americane”. E’ quanto ha detto Barack Obama nel discorso tradizionale nel sabato, registrato però prima che arrivasse la notizia del declassamento del rating. G7 al telefono. E’ prevista per domani una conferenza telefonica dei ministri finanziari del G7 e dei governatori delle banche centrali dei singoli Paesi. Si discuterà della situazione dei mercati anche alla luce del declassamento del rating e delle misure volte a stabilizzare la volatilità dei mercati innescata dai timori sul debito europeo. Immediata la reazione di Pechino che condanna la “miope” disputa politica che si è scatenata negli Usa sul debito. “La Cina, il più grande creditore dell’unica superpotenza mondiale, ha tutto il diritto – si legge in un durissimo commento diffuso dall’agenzia Nuova Cina – di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in dollari”. La Cina è il maggior paese creditore degli Stati Uniti e aveva accolto con freddezza l’adozione del piano per evitare il default Usa: “I giorni in cui lo zio Sam, piegato dai debiti, poteva facilmente dilapidare quantità infinite di prestiti stranieri sono ormai contati”, si legge nel comunicato. Ancor più duro Guan Jianzhong, presidente dell’agenzia di rating cinese Dagong: “La risposta degli Stati Uniti al problema del debito è stata arrogante. Non ci vorrà molto tempo prima che scoppi la crisi del debito sovrano Usa. La crisi del debito Usa è più preoccupante di quella dell’eurozona, sia perchè in Europa tocca solo pochi paesi ma anche per le diverse soluzioni adottate”. Il declassamento. La decisione era nell’aria da tempo, nonostante l’accordo sul tetto del debito degli Stati Uniti faticosamente raggiunto e divenuto legge martedì scorso. Ma lo scenario che si apre è ancor più confuso. “L’innalzamento del tetto del debito è arrivato troppo tardi”, ha detto John Chambers, presidente del comitato di valutazione di S&P: “Se fossero intervenuti prima, il rating non sarebbe stato abbassato”. Una decisione senza precedenti. È la prima volta nella Storia che gli Usa si vedono ridurre il grado di affidabilità da una delle tre principali agenzie di rating, affidabilità che ora è inferiore a quello della Germania, della Francia o del Canada. Secondo gli analisti, la decisione di Standard & Poor’s potrebbe avere un effetto più psicologico che pratico. Moody’s e Fitch hanno mantenuto il rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è più gestibile. La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avrà un impatto sull’appetito degli investitori esteri per il debito americano. Nel 1945 i creditori esteri detenevano solo l’1% del debito americano, ora ne controllano il 46%.

 

Continua a ostentare sicurezza, malgrado sia stato costretto alla precipitosa riconvocazione della stampa per annunciare nuove misure dopo le pressioni della Bce e lo scetticismo (per dirla in modo prudente) con cui gli ambienti politici ed economici mondiali avevano valutato l’azione del governo. E così, uscendo da Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi insiste: “Non c’è alcun cambiamento nei nostri programmi – dice ai giornalisti – e non c’è mai stata una ipotesi di elezioni anticipate nel 2012. Non si è assolutamente parlato di questo”. Ma le parti sociali tornano a farsi sentire, chiedendo liberalizzazioni e tagli alla politica. E costringendo il governo a convocarle per mercoledì. La telefonata con Obama. Di crisi economica, invece, il premier parlerà, lunedì prossimo, con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Tra i due, infatti, è prevista una telefonata. Poi Berlusconi è salito in macchina per recarsi in Sardegna dove dovrebbe trascorrere qualche giorno di riposo: “Martedì o mercoledì – conclude salutando – sono di nuovo qui”, smentendo le “voci che mi davano in partenza per raggiungere Putin in Russia”.

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