La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Daniela Santanchè e per altre due persone, tra cui il compagno della ministra Dimitri Kunz, e per due società nel filone del caso Visibilia sulla presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps sulla gestione della cassa integrazione nel periodo Covid. “Fratelli d’Italia è quel partito che esprime una ministra rinviata a giudizio per truffa all’Inps sui fondi Covid, e contemporaneamente candida un no-vax appena sotto Giorgia Meloni. Ci aspettiamo che la presidente del Consiglio abbia un minimo di rispetto per le istituzioni e chieda le dimissioni di Daniela Santanché”. Lo afferma in una nota la segretaria del Pd Elly Schlein. “La richiesta di rinvio a giudizio della Procura per Daniela Santanchè sull’ipotesi di reato di truffa ai danni dell’Inps, in merito alla gestione della Cassa Covid nelle sue aziende, è l’epilogo scontato di una vicenda da subito opaca e disdicevole. Ribadiamo un concetto: le vicende giudiziarie non ci interessano. La ministra del Turismo doveva dimettersi lo scorso luglio, quando raccontò una sequela di frottole davanti all’aula del Senato. Ora non ci sono più alibi: Meloni la inviti subito a lasciare il suo incarico. Non si può tenere il paese con questo fardello addosso, ne va del decoro delle nostre istituzioni”. Così in una nota i senatori M5s in commissione Industria e Turismo Sabrina Licheri, Gisella Naturale e Luigi Nave. “La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Daniela Santanché e due società nell’ambito del caso Visibilia, relativo alla presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps nella gestione della cassa integrazione durante il periodo del Covid-19. L’unica reazione accettabile in questa situazione è la seguente: dimissioni. La permanenza di Santanché nel suo ruolo sarebbe uno schiaffo agli italiani e alla trasparenza che ogni governo dovrebbe garantire. Giorgia Meloni non può rimanere in silenzio o rinviare questa decisione, poiché è in gioco la credibilità della sua maggioranza”. Così il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli. La richiesta di processo segue la chiusura delle indagini su questa tranche del “pacchetto Visibilia” che era arrivata il 22 marzo. Così come l’avviso di conclusione indagini, la richiesta di rinvio a giudizio riguarda, oltre alla senatrice di FdI e ministra del Turismo, il compagno Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria, oltre alle due stesse società. Secondo l’accusa, non solo in quel periodo, dal “31 maggio 2020 al 28 febbraio 2022”, ad amministrare Visibilia Editore e Concessionaria, ossia a prendere le decisioni, erano Santanchè e Kunz, ma entrambi, assieme a Concordia, sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente”, per un totale di 13 dipendenti, la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia Covid. L’aggiunto Laura Pedio e i pm Marina Gravina e Luigi Luzi della Procura guidata da Marcello Viola nelle indagini hanno raccolto a verbale le parole dei dipendenti, i quali avrebbero confermato che la ministra sapeva: sarebbe stata a conoscenza del fatto che i dipendenti stavano continuando a lavorare, mentre l’istituto pensionistico versava oltre 126 mila euro, per un totale di oltre 20 mila ore, “direttamente ai dipendenti o a conguaglio alla società”. In particolare, come si legge negli atti delle indagini condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, oltre 36mila euro “a vantaggio della Visibilia Editore”, per sette dipendenti, e quasi 90mila euro a favore della Concessionaria su sei lavoratori. A Santanchè, così come agli altri due, viene contestato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, quando invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”, come Federica Bottiglione, l’ex manager che con la denuncia ha fatto scattare le indagini. Nel mirino dei pm pure le integrazioni che sarebbero state date per compensare le minori entrate della Cig rispetto a quelle dello stipendio: una “differenza”, scrivono i pm, che sarebbe stata corrisposta con “finti rimborsi per ‘note spese'”. L’unico a farsi interrogare dopo la chiusura indagini è stato Concordia. La senatrice di FdI è accusata anche di falso in bilancio, assieme ad altre 16 persone e tre società, nella seconda tranche del “pacchetto Visibilia”, anche questa già chiusa e per la quale nelle prossime settimane ci sarà la richiesta di processo.

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