Un appartamento “normale”. Non ha nulla del bunker la casa dove Matteo Messina Denaro ha vissuto, ipotizzano gli inquirenti, per gli ultimi sei mesi, nel paese di Campobello, a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di tutta la famiglia del boss. «Una casa ben arredata, con oggetti di lusso, intestata al signor Bonafede (la stessa identità usata per il ricovero in clinica)», fa sapere il colonnello Bottino. Alfonso Tumbarello, 70 anni, il medico che aveva in cura Andrea Bonafede, alias Matteo Messina Denaro, è indagato nell’ambito dell’arresto del super latitante. Tumbarello è di Campobello di Mazara ed è stato per decenni medico di base in paese, sino a dicembre scorso, quando è andato in pensione. Tumbarello sino a qualche mese fa è stato medico del vero Andrea Bonafede, 59 anni, residente a Campobello di Mazara e avrebbe prescritto le ricette mediche a nome dell’asistito. Ieri i carabinieri hanno perquisito le abitazioni di Campobello, di Tre Fontane e l’ex studio del medico che è stato anche interrogato. «È stato finalmente arrestato l’ultimo dei protagonisti della stagione delle stragi. Con questo arresto si chiude la fase più cruenta e sanguinaria. È la fine di un inizio, poi che sia l’inizio della fine dipende da molto, non solo dalla legislazione ma anche dall’uso che faremo di queste nuove tecnologie per combattere la mafia». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha risposto a Radio 24 alla domanda se con la cattura di Matteo Messina Denaro sia stato saldato il conto con le vittime della mafia. Il covo del latitante? «L’abitazione di una persona normale». Con queste parole gli investigatori che hanno perquisito il covo del boss mafioso Matteo Messina Denaro hanno definito il luogo in cui l’ex latitante avrebbe trascorso l’ulòtimo periodo della fuga trentennale. All’interno dell’appartamento, nel centro di Campobello di Mazara (Trapani), sono stati trovati abiti di lusso, profumi ricercati ma non sono state trovate, al momento, armi. Sul luogo i Ris dei Carabinieri. Il supercarcere aquilano accoglie reclusi in regime di 41 bis, il «carcere duro» .All’Aquila sono stati ospitati detenuti «eccellenti» condannati per reati di mafia, come Leoluca Bagarella – sta scontando l’ergastolo per strage -, Raffaele Cutolo della nuova camorra organizzata, Francesco Schiavone detto Sandokan (esponente dei Casalesi), esponenti del clan siciliano dei Madonia e, in ultimo, Felice Maniero della cosiddetta Mala del Brenta, detto «faccia d’angelo», all’Aquila in regime di semilibertà. All’Aquila ha fatto tappa in alcune occasioni anche Totò Riina.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui