Il calcio e il mondo dello sport sono ancora in lutto. A poche settimane dalla scomparsa di Sinisa Mihajlovic, arresosi a una forma aggressiva di leucemia il 16 dicembre scorso, e la morte il 29 dicembre di Pelé, o Rei, a 82 anni, si è spento oggi in una clinica di Londra Gianluca Vialli, ex attaccante di Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea. Aveva 58 anni e da cinque combatteva contro un tumore al pancreas. Vialli, che tra il 1985 e il 1992 ha totalizzato 59 presenze e 16 reti nella Nazionale, prendendo parte a due Mondiali (Messico 1986 e Italia 1990) e un Europeo (Germania Ovest 1988), di recente fa aveva annunciato alla Figc la sua assenza da capo delegazione dell’Italia (incarico assunto nel novembre 2019 al posto di Gigi Riva) in vista delle gare del 2023 valide per le qualificazioni all’Europeo 2024. Ad Alessandro Cattelan che lo aveva intervistato lo scorso marzo, Vialli si era lasciato andare ad alcune confessioni: «Io ho paura di morire. Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire. Mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita». Ecco, quell’abbraccio misto a lacrime con il suo amico di sempre nonché compagno di campo con la maglia della Sampdoria, il ct Roberto Mancini, a suggellare il successo della Nazionale agli ultimi Europei, è stato uno di quei momenti di un’intensità commovente, per cui davvero vale la pena vivere. Lo ha chiamato «l’ospite indesiderato», non un nemico contro cui combattere ma un compagno di viaggio che nessuno vorrebbe avere e che si augurava che si sarebbe stancato di lui. Così non è andata, purtroppo. Quando nel 2017 Gianluca Vialli ha scoperto di avere un tumore al pancreas, notoriamente fra i più aggressivi, ha vissuto comprensibilmente uno choc, come ha confessato nel suo libro “Goals”: «I miei occhi sono gialli. E il dottore mi dice: ‘Si fermi Gianluca’. Lo guardo dubbioso. Perché mi devo fermare? La mia vita è un continuo movimento tra Londra, Milano, la BBC, Sky, la mia famiglia, i miei colleghi, i campi da golf, gli amici. Cosa devo fermare? La risposta me la dà la risonanza magnetica: ferma tutto, Luca».

Decide presto di parlarne pubblicamente: «Non vorresti mai far soffrire le persone che ti vogliono bene. E ti prende come un senso di vergogna, come se quel che ti è successo fosse colpa tua. Giravo con un maglione sotto la camicia, perché gli altri non si accorgessero di nulla, per essere ancora il Vialli che conoscevano». La forza e il coraggio di Vialli nel dichiarare il proprio stato sono di esempio. La sua non è una lotta per uccidere il cancro, ma una sfida per cambiare sé stesso: «La vita è fatta per il 10 per cento di quel che ci succede, e per il 90 per cento di come lo affrontiamo – racconta Vialli in un’intervista al Corriere della Sera – Spero che la mia storia possa aiutare altri ad affrontare nel modo giusto quel che accade». Vialli, già amatissimo dai tifosi per i suoi trascorsi sportivi, diventa un simbolo universale. Da molti anni Gianluca, insieme all’amico Massimo Mauro, sostiene la ricerca scientifica contro la SLA, la malattia degenerativa che ha colpito più di un calciatore. Vialli telefona a Fedez, quando il cantante scopre di dover essere operato a causa dello stesso male dell’ex calciatore. Il rapper lo ringrazia pubblicamente sui suoi seguitissimi social: “Fino a qualche giorno fa non ci conoscevamo nemmeno, poi una telefonata pochi giorni prima dell’intervento che difficilmente dimenticherò”. Nella serie di Netflix «Una semplice domanda», ad Alessandro Cattelan, in una intervista sul campo di golf – un’altra delle sue passioni – Vialli parla ancora con profondità della malattia: «Spero di vivere il più a lungo possibile, però mi sento molto più fragile di prima e ogni comportamento mi porta a fare questo ragionamento, cioè: ‘È la cosa giusta che sto mostrando alle mie figlie?’. In questo senso, cerco di essere un esempio positivo, cerco di insegnare loro che la felicità dipende dalla prospettiva attraverso la quale tu guardi la vita. Cerco di spiegare loro che non devi darti delle arie, devi ascoltare di più e parlare di meno, migliorarti ogni giorno, devi ridere spesso e aiutare gli altri. Secondo me, questo è un po’ il segreto della felicità». Una saggezza che ci mancherà.

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