di Nicola del Piano
Nell’ordinamento giuridico italiano ed in particolare in procedura penale, vi è differenza tra la persona sottoposta ad indagini preliminari e l’imputato, così come differenti sono i termini “procedimento” e “processo”. Prima del processo vero e proprio, l’autorità giudiziaria, identificata nell’ufficio del pubblico ministero, iscrive il nominativo di un soggetto nel registro delle notizie di reato. In questa fase, che il legislatore indica con il termine di “procedimento” e non di “processo”, il p.m. dirige l’attività volta alla ricerca delle fonti di prova al fine di decidere se e come esercitare l’azione penale.
Diversamente, l’imputato è il soggetto nei cui confronti il p.m., all’esito delle indagini preliminari, decide di esercitare l’azione penale. E’ solo a questo punto che l’organo giudicante diviene protagonista di una fase che possiamo chiamare “del processo”. Egli è chiamato a valutare gli elementi posti a fondamento dell’azione penale, ossia l’imputazione così come è stata formulata dal p.m., con la richiesta di affermare la responsabilità penale in relazione ad una determinata condotta costituente reato. E’ questo il momento, quello dell’esercizio dell’azione penale, che determina perciò l’assunzione della qualità di imputato (art. 60 c.p.p.). Ulteriore elemento che differenzia i due momenti ed illumina il processo penale dei vivi principi costituzionali è l’esaltazione del “contraddittorio” nel “processo”, attraverso la posizione di parità del p.m. e dell’imputato, con il suo difensore. Diversamente dalla fase delle indagini preliminari, ove il vero e proprio contraddittorio non si instaura. Una situazione di apparente disparità questa che trova giustificazione nelle esigenze di tutela dello Stato, ma che, tuttavia, non tradisce quelle stesse esigenze di tutela della persona. Un’apparenza che subito svanisce, quindi, dinanzi l’applicazione all’indagato, ai sensi dell’art. 61 c.p.p., di tutte le norme previste nell’interesse dell’imputato. Tale principio prevede, infatti, una completa equiparazione, sotto il profilo dei diritti e delle garanzie, tra imputato ed indagato. E’ per questo che ha il sapore dell’amara vergogna assistere periodicamente allo scempio dei principi costituzionali da parte di certa stampa e di certa magistratura che con superficialità o, peggio, con lucida programmazione, crocifiggono soggetti ancora indagati e forse colpevoli, ma non per questo meno degni di quei diritti e di quelle garanzie sopra richiamati.