Per Gramsci il calcio è il regno della lealtà umana esercitata all’aria aperta. Per Pasolini è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. Per Pelè è musica, danza e armonia. La magia di un pallone che rotola è questo e tanto altro. È la passione dei tifosi, è il gesto tecnico dei giocatori, è il boato per un gol. Ma è anche il continuo miscuglio di felicità e delusione, entusiasmo e abbattimento, vittoria e sconfitta perché, in buona sostanza, il calcio è vita. Si vince e si perde, si gioisce e ci si dispera, così come si vive. Questa è la “grande bellezza” di una sfera che rimbalza, dello sforzo forsennato di 22 calciatori che si danno battaglia per 90 minuti come gladiatori, che lottano, che sudano e che, quando l’arbitro fischia tre volte, si danno la mano, si abbracciano, si complimentano. Onore a chi vince e a chi perde. Non è vero che vincere è l’unica cosa che conta. Quello che davvero conta, alla fine della fiera, è aver dato vita, ancora una volta, per un’altra ora e mezza, al gioco del calcio. Quindi al gioco della vita, nella buona e nella cattiva sorte, nel bene e nel male, nel trionfo e nella caduta. Ed ecco un altro prodigio del calcio: quando si cade c’è sempre la possibilità di rialzarsi, di ritornare in campo, di rigiocare. Questo è e deve essere l’insegnamento dello sport per tutti noi. Soprattutto per i ragazzini, per i giovani.

Casertana-Real Normanna (foto di Carol Violante)

Senza enfasi, è ciò che è avvenuto mercoledì scorso al Bisceglia di Aversa, in occasione dell’allenamento congiunto tra Casertana e Real Normanna. Non solo una partita di calcio. Due città a braccetto, due tifoserie unite dalla passione per la propria squadra del cuore, due dirigenze accomunate dalla voglia di fare sport ma anche di contribuire alla crescita socio-culturale del territorio. Soltanto così si vince veramente. Si vince a tutto campo. In questo solco si inserisce la lodevole iniziativa fortemente voluta dal presidente rossoblù Giuseppe D’Agostino e da quelli granata Enzo Del Villano e Mimmo Diana. A fine gara i vertici di Casertana e Real Normanna hanno battuto proprio sul tasto della fratellanza. Un match andato ben oltre il semplice confronto sportivo: un gesto di amicizia sincera, di rispetto e collaborazione tra due club che, pur militando in categorie diverse, condividono una visione comune basata su passione, sacrificio e valorizzazione del territorio. Una festa dello sport. Lo sport in festa. E un “terzo tempo” emozionante con la consegna di una targa a Giuseppe De Michele, trait d’union tra il passato e il presente del calcio aversano.

Giuseppe De Michele (foto di Carol Violante)

“Il nostro instancabile team manager Giuseppe De Michele – si legge sulla pagina Fb della Real Normanna – è stato omaggiato con una targa celebrativa dai presidenti Enzo Del Villano e Mimmo Diana, come riconoscimento alla sua vita dedicata al calcio normanno. Una vita vissuta sui campi, sotto il sole cocente o con la pioggia battente, con il cuore sempre acceso di passione. Una figura storica, un punto di riferimento, un uomo che ha saputo essere guida, confidente, fratello maggiore e memoria vivente del nostro calcio. Da decenni al fianco di generazioni di atleti, Giuseppe è conosciuto in tutta Italia per la sua umanità, per l’impegno silenzioso e instancabile, per quella dedizione rara che oggi commuove e ispira. “Perché il calcio non è solo pallone, è chi lo ama con discrezione e costanza ogni giorno”. Grazie, Don Peppino, per essere l’anima silenziosa ma fortissima della nostra Real Normanna. Decano, leggenda, cuore granata”.

Il quasi 82enne Giuseppe De Michele “in campo” con Luigi e Giuseppe Del Villano, giovani figli del patron granata, e con il figlio piccolissimo del dirigente Umberto Pagano. Più defilato il presidente Diana. Occhi lucidi per la felicità. “Non conosco nessuno che giochi bene e non giochi per divertirsi”, direbbe Pelè. Impossibile dare torto a “O Rei”.

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