Iniziò a suonare da bambino e non ha mai smesso fino a quando le sue condizioni di salute si sono aggravate. Il mondo della musica italiano e mondiale piange il pianista Aldo Ciccolini, gigante schivo ma leggendario del pianoforte italiano, morto a Parigi a 89 anni. Il repertorio del maestro, di origini napoletane ma che si era da tempo trasferito in Francia, include le pietre miliari della letteratura pianistica. Ha promosso soprattutto la conoscenza della musica per pianoforte dei grandi compositori francesi, come Maurice Ravel e Claude Debussy, ma anche di quelli meno suonati nelle sale da concerto, come Deodat de Severac, Jules Massenet, Francis Poulenc, Vincent d’Indy e soprattutto Erik Satie, del quale per primo registrò l’integrale dell’opera pianistica. Ma nella sua lunga carriera Ciccolini vanta più di cento registrazioni tra cui le sonate per pianoforte di Mozart e Beethoven e i Notturni di Chopin. Aveva avviato gli studi di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli all’età di nove anni con speciale dispensa dell’allora direttore Francesco Cilea, preparandosi a una carriera che lo aveva portato ai vertici mondiali. Dopo la vittoria nel 1949 del Grand Prix International Long-Thibaud, Ciccolini si trasferì in Francia. Debuttò sulla scena pianistica internazionale nel 1950, a New York, con la direzione di Dimitri Mitropoulos. Suonerà poi con tutti i più importanti direttori d’orchestra, da Lorin Maazel a George Pretre. Lo scorso novembre un’emozionante interpretazione dei concerti per pianoforte e orchestra K466 e k488 di Mozart a Torino. Era “uno dei giganti del pianismo italiano” ricorda il teatro alla Scala, dove Ciccolini sarebbe dovuto tornare a suonare lo scorso 21 gennaio, a sessant’anni dal suo debutto sul palcoscenico del Piermarini. Ma il peggioramento delle sue condizioni di salute glielo ha impedito. “Tra i monumenti italiani della storia del pianoforte Aldo Ciccolini – ricorda la Scala – occupa un posto particolare: elegante, schivo e relativamente poco noto al grande pubblico, è figura leggendaria per gli appassionati, in particolare in Italia e in Francia, e testimone di una temperie culturale europea tra le cui componenti emergono la scuola napoletana, quella francese e il mondo di Busoni e di Liszt”. La notizia della scomparsa ha particolarmente scosso il Conservatorio San Pietro a Majella. “Era – ricorda il direttore Elsa Evangelista – uno dei più grandi interpreti del Novecento, secolo che ha attraversato da protagonista assoluto, lasciando una testimonianza di impegno che per noi resta una lezione vivente. Partendo dagli anni di studio al Conservatorio di Napoli, Ciccolini ha affermato la sua personalità internazionale senza mai dimenticare il rapporto con la sua città e con il suo Conservatorio, come ha dimostrato con la visita del 2012, quando ha accettato di venire a ricevere il primo Premio San Pietro a Majella”.