Le infezioni rappresentano uno dei rischi più gravi correlati all’utilizzo dei dispositivi cardiaci elettronici impiantabili (Cied), cioè pacemaker e defibrillatori. Su questo concordano gli esperti del settore, molti dei quali parteciperanno domani e venerdì a Bologna al Convegno internazionale su fibrillazione atriale e infarto. Si tratta di infezioni molto pericolose, anche letali, soprattutto per i pazienti più a rischio.

“E’ un problema comune a tutto il mondo ­ ha spiegato il professore Luigi Padeletti, direttore della cattedra in Cardiologia all’Università di Firenze e già presidente dell’Associazione italiana di aritmiologia e cardiostimolazione (Aiac) ­ che rischia in alcuni casi di vanificare gli eccezionali risultati clinici che i Cied hanno permesso di ottenere. Ma dopo anni di ricerca una valida soluzione sviluppata negli Usa ed approvata dalla Food and Drug administration è stata finalmente esportata anche in Europa: si tratta di un involucro antibatterico per Cied, in grado di ridurre del 90% le infezioni”. La classica profilassi antibiotica non ha dimostrato finora molta efficacia. In Italia l’incidenza delle infezioni Cied è stimata intorno al 3% ad un anno dall’impianto e sale al 5% a tre anni. “Considerato il numero di circa 90mila tra pacemaker e defibrillatori impiantati ogni anno si tratta di circa 4.500 infezioni ­ ha spiegato Gian Luca Botto, dell’ospedale Sant’Anna di Como e presidente Aiac ­ e si tratta solo di una stima, molto probabilmente sottodimensionata”. Andando nel concreto, un’infezione Cied è un’evenienza grave, che richiede una prolungata degenza in ospedale e può mettere il paziente a rischio della vita. “Questo tipo di infezioni ­ ha infatti spiegato il professore Giuseppe Boriani, del dipartimento Cardiovascolare dell’ospedale Sant’Orsola­Malpighi di Bologna ­ provoca gravi disagi e rischi per il paziente, che spesso deve essere sottoposto a rimozione del dispositivo infettato. Queste problematiche determinano ingenti costi per il sistema sanitario nazionale”. Un problema, anche perché questo è un fenomeno paradossalmente in crescita, come ha ricordato il professor Pierluigi Viale, docente di Malattie infettive dell’Università di Bologna: “I tassi di infezione non tendono a scendere negli anni, ma anzi sembrano mostrare un trend in incremento. A ciò sono sottese da un lato l’età sempre più avanzata dei soggetti sottoposti ad impianto e il crescente numero di comorbosità di tali pazienti, dall’altro la più lunga sopravvivenza dei pazienti con impianto”. “Esistono pazienti più a rischio ­ ha detto il professor Antonio Curnis, della Divisione di Cardiologia spedali civili dell’Università di Brescia ­ quelli che hanno comorbilità, in terapia antiblastica, tumorale o cortisone, pazienti diabetici o con insufficienza renale: sono più a rischio infezioni e potrebbero beneficiare utilizzando la retina antibatterica riassorbibile”. Uno dei primi medici che in Italia ha utilizzato questo nuovo involucro ­ disponibile dallo scorso novembre in Italia, importato e distribuito dall’impresa bolognese Trx Italy ­ è il professore Alessandro Capucci, direttore della Clinica di cardiologia Università politecnica delle Marche: “L’involucro che stiamo utilizzando è un dispositivo protesico, sterile e riassorbibile (Tyrx) che presenta diverse dimensioni in modo da contenere un pacemaker o un defibrillatore ­ ha spiegato ­ Consta di un polimero che contiene agenti antimicrobici, che hanno un lento rilascio che dura circa sette giorni, mentre l’intero involucro viene riassorbito dall’organismo in nove settimane”. Una soluzione questa che può portare anche a risparmi per il Sistema sanitario nazionale. “Abbiamo dati ­ ha spiegato il professor Francesco Romeo, direttore della cattedra di Cardiologia a Roma Tor Vergata ­ che ci dicono che l’uso di questi dispositivi è in saldo attivo nei confronti delle spese. Il numero di infezioni giustifica l’uso di questi dispositivi antibatterici riassorbibili, utili per ridurre una complicanza che è uno dei più gravi talloni di Achille di queste procedure sempre più diffuse e utili per i pazienti”.

 

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