Un dramma della povertà e della disperazione. La perdita del lavoro, il sentirsi un peso per la società, la consapevolezza di non avere più voce per farsi ascoltare. Sono questi i motivi che hanno spinto una coppia a porre fine alla loro esistenza. Una tragedia annunciata quella di Salvatore De Salvo, 69 anni, ex rappresentante di commercio,

e della moglie Antonia Azzolini, 69 anni. Ieri sera hanno trovato lei distesa sul letto dell’Hotel Sette Mari a Palese, lui l’avevano già trovato all’alba mezzo nudo tra le alghe del lido San Francesco. Doppio suicidio, è la convinzione degli inquirenti. Già altre volte la coppia aveva tentato il gesto estremo. Da anni erano ospiti di una casa di accoglienza prima in via Napoli a Bari, poi a Triggiano. Ma soprattutto lui, Salvatore, non si era mai arreso a questa condizione di indigenza derivata dalla perdita del lavoro prima e dalla vendita della casa dopo per far fronte alle spese. Ha scritto a tutti, dal presidente della Repubblica in giù, chiedendo aiuto. Un lavoro, prima di tutto. Ha continuato a lottare fino a quando si è reso conto che gridava invano.

Nella stanza dell’albergo, oltre alle confezioni di barbiturici, quasi sicuramente ingeriti per togliersi la vita (sarà l’autopsia disposta dal pm e in programma domani a stabilirlo con certezza), hanno trovato i pacchi di lettere inviate alle diverse autorità. Per il viaggio verso la morte, la coppia ha scelto un albergo alla periferia nord di Bari. La scoperta del cadavere di un uomo all’alba della domenica sulla spiaggia di San Francesco, a qualche centinaio di metri dalla baia dov’era stato ritrovato una decina di ore prima il corpo di Roberto Straccia, aveva già allarmato le forze dell’ordine. Anche in queso caso, il corpo restituito dal mare non era di un immigrato annegato al largo durante uno dei tanti viaggi verso la libertà. Uomo bianco, una sessantina d’anni, non sfigurato dal mare, segno di una breve permanenza in acqua. L’uomo era in camicia a quadretti, calze, scarpe di cuoio ma senza pantaloni, particolare che ha subito insospettito se si considera che fino al giorno prima il litorale era sferzato dal maestrale e il mare era in tempesta.

Quattordici ore dopo il personale dell’hotel Sette Mari scopre in una delle stanze il cadavere di una donna. E’ disteso sul letto, è in vestaglia, a prima vista sembra un malore. Ma a qualche decina di metri c’è un altro cadavere senza nome. Così gli inquirenti, incrociando i casi, scoprono che i due erano marito e moglie. Dopo che per tutto il giorno non avevano avuto segnali dalla camera 448, in serata il personale dell’albergo ha aperto la porta con un passepartout e, dopo aver scoperto il corpo esanime della donna, ha chiamato il 118 il cui personale ha diagnosticato la morte. La prima ipotesi, la più facile, è che si sia trattato di un omicidio-suicidio. L’analisi più approfondita sul corpo della donna non mostra però evidenti lesioni di arma da fuoco o da taglio, solo un leggero arrossamento intorno al collo. S

offocata dopo una lite dal marito che poi in preda al rimorso è scappato dall’albergo per buttarsi a mare? Forse sì ma molto più probabilmente no perché i primi esami eseguiti dal medico legale del Policlinico di Bari Giancarlo Divella escluderebbero questa tesi: i segni non sono abbastanza evidenti per giustificare una morte per soffocamento. Sul comodino gli investigatori notano confezioni di medicinali, barbiturici probabilmente, che la donna avrebbe ingerito per togliersi la vita. Sarà l’autopsia nelle prossime ore a confermare l’ipotesi. Come è anche un’ipotesi che pure il marito abbia ingerito farmaci, forse non in misura sufficiente da portarlo subito alla morte tanto che è uscito di notte mezzo svestito per lanciarsi nel mare che dall’albergo dista una ventina di metri.

 

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