Bye, bye Eugenio Di Santo. Il tribunale Napoli Nord, prima sezione civile, ha bocciato in toto il ricorso contro la decadenza dalla carica di sindaco di Sant’Arpino e il conseguente scioglimento del consiglio comunale. Il provvedimento del prefetto di Caserta scattò nel marzo 2015 dopo la sentenza della Cassazione che rigettò il ricorso di Di Santo contro la condanna (con patteggiamento) a 18 mesi per tentata induzione alla concussione. Lo scorso 22 gennaio il collegio giudicante (presidente Paola Bonavita) ha dichiarato completamente infondata l’opposizione in giudizio dell’ex primo cittadino contro la Prefettura e il Comune. Durissime le motivazioni contenute nella sentenza: “Appare evidente l’indegnità morale a ricoprire cariche elettive”. E ancora: “La decadenza è necessaria per evitare un inquinamento dell’amministrazione e per garantirne la credibilità presso il pubblico, cioè il rapporto di fiducia dei cittadini verso le istituzioni”. L’ex sindaco ne esce ancora una volta distrutto sia sotto il profilo politico che personale. E come se non bastasse è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali: oltre 5mila euro alla Prefettura, stessa cifra al Comune. Di Santo è stato condannato a un anno e mezzo di carcere per aver chiesto all’imprenditore Francesco Mottola, titolare della ditta che si era aggiudicata l’appalto per la mensa scolastica, un braccialetto di diamanti (l’ormai famoso “Tennis”) o in alternativa (che bontà!) 2-3 mila euro in contanti. Con la decisione del tribunale Napoli Nord si scrive la parola fine sull’era Di Santo. Il Comune di Sant’Arpino, guidato dal facente funzioni Aldo Zullo, tornerà al voto la prossima primavera. E si spera che la nuova amministrazione volti definitivamente pagina rispetto al passato. Una cosa è certa: anche se al peggio non c’è mai fine, fare peggio di Di Santo sarà un’impresa impossibile. Per chiunque.

Mario De Michele

 

 

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