Il ddl Casellati sul premierato potrebbe cambiare ancora rispetto alla formulazione presentata dal governo appena lunedì, per di più su uno dei punti più delicati: i poteri del presidente del Consiglio eletto in caso di sfiducia. Ad annunciarlo a palazzo Madama è stata la ministra forzista per le Riforme Maria Elisabetta Casellati. “Se ci saranno necessità di avere più tempo per valutare ulteriore eventuali emendamenti ne prenderemo atto e ci prenderemo tutto il tempo necessario”, ha detto in Aula Ignazio La Russa. Gli emendamenti al ddl sono frutto di una serie di mediazioni in maggioranza ma lasciano aperti ancora troppi spazi interpretativi che non convincono molti addetti ai lavori. Nel merito però, non c’è alcuna intenzione di modificare sostanzialmente i punti cardine della riforma: elezione diretta del premier e, di fatto, potere di scioglimento delle Camere del presidente del Consiglio eletto, o di dimissioni per passare la mano a un esponente del suo stesso schieramento se si verificassero le condizioni politiche che lo impongono o suggeriscono. Restano però molti dubbi sull’interpretazione del testo, e Casellati dice che se servirà chiarire si farà, “non c’è nulla di immodificabile”. La fretta (di portare a casa il premierato prima delle Europee) non è mai una buona consigliera per le riforme, se è vero come è vero, che persino esponenti di spicco di Fratelli d’Italia, come l’ex ministro Marcello Perra, arrivano a definire “inaccettabile” il testo licenziato dalla maggioranza. Per non parlare di Giuliano Urbani, uno dei fondatori di Forza Italia, che ha liquidato la riforma Casellati come “una formula grezza” e senza alcun “futuro”. Insomma, anche se con la presentazione degli emendamenti del governo l’intesa sembrava essere raggiunta, c’è ancora del lavoro da fare. La maggioranza non è esattamente coesa su questo dossier e l’ultima formulazione del testo, che lasciava al premier eletto anche il potere di decidere se andare al voto o meno in caso di sfiducia con mozione motivata o anche di dimissioni volontarie, non ha convinto tutti. L’opposizione si prepara a dare battaglia. Anche Italia Viva, che è tendenzialmente favorevole alla riforma per rafforzare la figura del premier (che i renziani chiamano “sindaco d’Italia”), ora si mostra titubante. “Se fanno un ‘pasticcellum’ noi non lo votiamo”, ha messo in chiaro il capogruppo in Senato, Enrico Borghi. Per quanto riguarda le altre opposizioni, dall’Alleanza Verdi e Sinistra e dal Partito democratico è già piovuta una pioggia di emendamenti. Dal PD sono arrivati 700 emendamenti e 100 da Avs. Il gruppo delle Autonomie ne ha depositati 5, M5s 4, Iv 2. Il termine scade oggi alle 10. E anche Carlo Calenda sentenzia: “Il premierato è ideato male, scritto peggio e destinato a diventare l’ennesimo scontro in un referendum che non porterà a nulla”.

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