Forza Italia si arrovella da 3 giorni su come uscire dal cul-de-sac chiamato Ius scholae. Perché dopo la batteria di dichiarazioni agostane di Antonio Tajani e colonnelli forzisti, col pungolo di Marina e Pier Silvio Berlusconi, la proposta azzurra sul tema ancora non c’è e la riunione dei gruppi parlamentari di tre giorni fa non ha avuto altro esito che certificare lo stallo. Anche perché Tajani, dopo un colloquio con Giorgia Meloni alla ripresa dei lavori parlamentari, ha chiarito ai suoi che FI non cercherà maggioranze alternative in Parlamento, per portare a dama l’operazione. Non dialogherà quindi col Pd o con gli ex del Terzo Polo, che un mese fa avevano timidamente aperto a un dialogo istituzionale. La premier, raccontano tra i forzisti, parlando col suo vice si sarebbe detta disposta a tollerare un attivismo di FI su questo fronte, a patto però che non si traduca in sgambetti in Aula. «Capisco le tue esigenze, la battaglia di principio, capisco la necessità di andare incontro alle richieste di Marina Berlusconi – sarebbe stato il senso del suo avvertimento in un colloquio con l’alleato forzista – ma sotto il mio governo una proposta del genere non passerà mai. È bene chiarirsi, con lealtà». Nessuna revisione del diritto di cittadinanza in senso aperturista, insomma. Non era nel programma e poi la Lega non accetterebbe mai: non ci sono i numeri. L’ha ribadito ieri Matteo Salvini. Lo ha rimarcato il suo fedelissimo Andrea Crippa: «È fuori discussione che il centrodestra possa approvare Ius scholae, Ius soli o scorciatoie varie», ha messo a verbale il segretario del Carroccio. Che peraltro subito dopo si è detto pronto a proporre, al contrario, restrizioni sui ricongiungimenti familiari e una legge «per togliere la cittadinanza agli immigrati che delinquono». Altro che attenzione ai diritti invocata da Forza Italia e dalle reti Mediaset con gli spot «per l’inclusione e la diversità» vidimati da Pier Silvio.

Il pensiero di Meloni l’ha riassunto invece, nella conferenza stampa a margine del Cdm, Alfredo Mantovano. Un’altra doccia gelata, per FI. Perché il sottosegretario di Palazzo Chigi ha ribadito che «le emergenze sono altre», rispetto alle richieste azzurre. Di segno opposto. Per Mantovano, e quindi per la premier, ora toccherebbe concentrarsi «sul contenimento degli arrivi irregolari e per garantire che gli ingressi regolari siano veramente tali e non fittizi». Con queste carte in tavola, a FI non resterebbe che una fiacca battaglia di testimonianza, che nel quartier generale di San Lorenzo in Lucina, se non altro per salvare le apparenze, intendono portare avanti. La proposta di legge potrebbe essere illustrata tra un paio di settimane, dopo un’altra riunione di deputati e senatori, cercando di evitare mugugni, tipo quelli espressi già giovedì da Licia Ronzulli e altri. Ma tra gli azzurri c’è anche chi pensa a una mossa che metterebbe in difficoltà i Fratelli. Si tratterebbe di riproporre, con poche selezionate limature, “l’emendamento La Russa”, cioè un testo presentato dall’attuale presidente del Senato nel 2015. Quando FdI proponeva lo Ius scholae. “L’emendamento La Russa del 2015” l’ha evocato Maurizio Gasparri, all’assemblea dei parlamentari. C’è chi ha preso nota dei verbali d’Aula dell’epoca, quando il fondatore di FdI – era il 13 ottobre 2015 – proponeva alla Camera che «un bambino nato in Italia da genitori regolarmente da tempo residenti, al termine del circuito scolastico obbligatorio possa diventare facilmente italiano». Frasi passate all’evidenziatore e che ora potrebbero tornare utili, nella guerriglia interna: «Se ripresentiamo lo stesso testo – si chiede un eletto azzurro – come farà FdI a votare contro?».

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