Picchiata e violentata prima di essere uccisa con una iniezione letale e, dopo, mutilata e fatta a pezzi. In Gambia la pena di morte non fa notizia, ma sta suscitando sdegno nel resto dell’Africa la fine di Tabara Samba, una senegalese condannata alla pena capitale per avere causato la morte del marito – un gambiano – versandogli addosso olio bollente mentre l’uomo dormiva.
A nulla sono valsi gli appelli per salvarle la vita, tra i quali quelli firmati dalla Federazione africana dei giornalisti e dall’Unione panafricana degli avvocati. Nel Paese, i cui governanti sono convinti assertori della pena capitale, le condanne sono frequenti e messe in atto, tanto da ”meritare” una menzione speciale da parte delle organizzazioni di difesa dei diritti umani. Un sito investigativo gambiano, Freedomnewspaper, ha raccontato con dovizia di particolari gli ultimi istanti di vita di Tabara, sulla cui fine ha detto l’ultima parola lo stesso presidente-padrone del Paese, Jahya Jammeh, che non solo avrebbe negato ogni possibile atto di clemenza per la condannata, quanto invitato – questa l’accusa formulata da attivisti locali – i soldati chiamati a presenziare alle esecuzioni (con la donna sono stati messi a morte altri otto detenuti) a usarle violenza. Cosa che e’ accaduta, davanti ai funzionari di polizia, ad un magistrato e ad alcuni medici, forse cubani. Dopo che il cocktail di farmaci e veleni ha fermato il cuore di Tabara, i soldati hanno fatto scempio del suo corpo, mutilandolo (le e’ stata anche strappata la lingua), per poi gettarlo in una fossa comune e negando in questo modo ai familiari che l’avevano chiesto, la possibilita’ di seppellirla in un cimitero. ”Persone come Tabara Samba – ha commentato il ministro dell’Interno e della Giustizia gambiano, Lamine Jobareth – non meritano di vivere un solo giorno di piu’. Ha versato olio bollente nell’orecchio di suo marito. Ma quale Paese al mondo potrebbe accettare tutto questo?”. Nel processo alla donna, paradossalmente, e’ quasi finita in secondo piano la figura del marito, Ibou Niane, un uomo minato da una grave forma di diabete che gli imponeva frequenti ricoveri, e soprattutto non si e’ parlato molto dei motivi del gesto di Tabara. Il clamore provocato dalla morte della donna senegalese non sembra infastidire piu’ di tanto il presidente Jammeh che, solo il 18 agosto scorso, aveva giurato che avrebbe messo a morte tutti i condannati alla pena capitale entro la meta’ di settembre. E, per quando possa apparire paradossale, Banjul, capitale del Gambia, e’ la sede della Commissione africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli.