Il cielo sulla città è azzurro, il futuro all’orizzonte sempre più scuro: sale la tensione tra i lavoratori dell’Ilva, mentre dall’indotto edile arrivano i primi contraccolpi concreti a una possibile fermata degli impianti del Siderurgico sequestrati perché inquinanti. Le maestranze attendono la decisione del gip del tribunale Patrizia Todisco sul piano di investimenti immediati per 400 milioni di euro consegnato dall’Ilva alla Procura insieme ad una istanza per conservare una minima capacità produttiva che consenta di ricavare i fondi per risanare gli impianti.


L’aria che tira, sulla decisione del gip, non è per niente buona, specie dopo il parere negativo espresso dalla Procura, in linea con le indicazioni avute dai custodi giudiziari. Il gip dovrà decidere anche sulle richieste di rimessione in libertà di Emilio Riva, suo figlio Nicola (ex presidenti Ilva) e dell’ex direttore dello stabilimento siderurgico Luigi Capogrosso, tutti attualmente agli arresti domiciliari. Ma è sul fronte sindacale-occupazionale che si registrano nuove concrete tensioni. In mattinata una cinquantina di lavoratori dell’Ilva si è radunata all’interno dello stabilimento, in corrispondenza della direzione, improvvisando un’assemblea. Nell’area del sit-in è stato posizionato anche un caterpillar, mentre alcuni operai hanno issato uno striscione e altri lavoratori hanno sostato all’esterno della fabbrica. Sciopero ad oltranza, cantiere occupato e assemblea permanente in due aziende edili dell’indotto interno, la Semat (450 dipendenti) e la Edil Sider (40 unità). Lo hanno proclamato i sindacati di categoria dopo che è stato deciso l’avvio di “un piano ferie finalizzate alla procedura di cassa integrazione ordinaria senza alcuna garanzia di rientro”. Una comunicazione che potrebbe esasperare i lavoratori perché “quasi tutti sono monoreddito e impossibilitati a sostenere le proprie famiglie”, sottolineano i sindacati, che hanno chiesto un incontro urgente al prefetto di Taranto, alla Regione Puglia e all’Ilva. Ma gli occhi sono puntati soprattutto sugli interventi di risanamento ambientale da eseguire sugli impianti. “Arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze ed il futuro dei lavoratori”, sottolinea la Fim Cisl, ritenendo necessario “trovare una convergenza tra le istanze del rispetto ambientale, il diritto dei cittadini alla salute e attività produttiva”. Ma in previsione di un rigetto da parte del gip del piano Ilva e dell’istanza di conservare una minima capacità produttiva, rigetto che porterebbe ad una fermata degli impianti, Fim e Uilm avvertono che “ritornerebbero indietro con le ragioni già esposte il 26 luglio scorso, dando vita alla mobilitazione dei lavoratori per difendere il diritto alla salute e dei posti di lavoro”. Sull’atteggiamento dell’Ilva oggi sono arrivate critiche dall’assessore regionale della Puglia alla Qualità dell’ambiente, Lorenzo Nicastro, al termine di una riunione del ‘tavolo tecnico’ su Taranto. A fronte dell’atteggiamento di collaborazione di altre aziende, “dobbiamo rilevare le carenza della documentazione presentata da Ilva – ha detto Nicastro – che ha inteso procrastinare ulteriormente persino interventi relativamente semplici come la riduzione dei cumuli dei parchi minerali oltre che, ovviamente, guardarsi bene dal definire un pur necessario cronoprogramma per la copertura dei parchi minerali”. E sul piano giudiziario, intanto, diventano due le ‘class action’ avviate nei confronti dell’Ilva da cittadini che sostengono di aver subito danni dall’inquinamento causato dall’Ilva.

 

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