NAPOLI – Sono 24 gli arresti effettuati in 5 regioni italiane dalla Direzione investigativa antimafia di Napoli nell’ambito dell’indagine sul clan Fabbrocino, soprattutto sull’attivita’ di riciclaggio della cosca nel Nord Italia. Quattro destinatari della misura cautelare, infatti, si sono sottratti alla notifica del provvedimento restrittivo. Gli uomini del capocentro Maurizio Vallone, inoltre, con la collaborazione di polizia, carabinieri e finanzieri, hanno eseguito sequestri preventivi d’urgenza per 12 milioni di euro a carico di 36 persone ritenute favoreggiatori del clan egemone nell’area vesuviana.

L’organizzazione criminale dal 2005, dopo l’arresto del capo storico Mario Fabbrocino al 41 bis e condannato a due ergastoli, e’ stata retta da Biagio Bifulco, che per due anni e’ stato a Brescia in liberta’ vigilata. Il clan cosi’ si e’ radicato in Lombardia. Tra i destinatari della misuracautelare, oltre Bifulco, il cugino omonimo del boss che ne e’ anche cognato, e altri elementi di vertice della cosca, quali Domenico Cesarano, capo zona a Palma Campania, Berardo Straino, capo zona a San Giuseppe Vesuviano, Giovanni Sasso, Francesco Cozzolino, Francesco Maturo. Il controllo del territorio nel vesuviano da parte del clan, infatti, e’ sempre stato capillare, con una tangente del 30% imposta a tutte le attivita’. I Fabbrocino fanno persino ‘recupero crediti’ per conto degli imprenditori locali, prendendosi la meta’ di quanto recuperano. Il capitolo piu’ importante dell’inchiesta e’ il ‘pizzo’ legato alla raccolta di rifiuti solidi urbani e agli appalti pubblici, in particolare per la realizzazione della strada statale 268, per la quale la tangente alle ditte appaltanti e’ stata tra il 3% e il 5% sull’importo dei lavori. Il clan era presente anche nelle aste pubbliche, riuscendo a impossessarsi con manovre di turbativa d’asta di immobili a prezzi vantaggiosi o recuperando beni da fallimenti, come nel caso della palazzina di Gennaro Annunziata, anche lui arrestato, che abita nella palazzina venduta all’incanto grazie alle minacce che Sasso ha rivolto ai partecipanti all’incanto. Oltre al candidato sindaco Pasquale Ciccarelli, che deve ora rispondere di 416 bis, il clan poteva contare su colletti bianchi quali l’avvocato Salvatore Ambrosino, che tra l’altro ‘curo” il fallimento Annunziata, distraendo i beni. Le indagini mostrano anche fitte relazioni tra i Fabbrocino e i clan Licciardi, egemone nel quartiere di Napoli di Secondigliano, Mazzarella (quartiere San Giovanni a Teduccio) e gli Amato-Pagano, protagonisti delle due faide di Scampia. I boss e fratelli Russo, egemoni nell’area Nolana, pagarono anche i Fabbrocino per rendere piu’ agevole la loro lunga latitanza.

Le indagini della Dia di Napoli sul clan Fabbrocino, che hanno condotto sinora a 24 arresti e sequestro beni per 112 milioni di euro, mostrano una cosca con forte capacita’ economica. Emerge infatti nella realta’ criminale dei Fabbrocino, annota il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, “la capacita’ imprenditoriale dei singoli affiliati e dell’organizzazione criminale nel suo insieme”.

Tutti gli affiliati svolgono “stabilmente” attivita’ imprenditoriale soprattutto nel settore abbigliamento e nel commercio di alimenti, e hanno una grande capacita’ di infiltrazione fuori Campania. Infatti i sequestri beni sono avvenuti anche in Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Lazio, Abruzzo e Calabria e hanno riguardato 254 immobili e 80 aziende. Tra queste, alcune agricole in Umbria, supermercati in Abruzzo e in emilia Romagna. Dalle intercettazioni, emerge che il ‘giro d’affari’ settimanale era di 300mila euro e solo per i supermercati 100 milioni l’anno. Dei Fabbrocino sono anche fabbriche tessili e stirerie nel vesuviano, ma anche eleganti negozi a Brescia e Bergamo.

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