Un’accoglienza da grande star. Decine e decine di giornalisti di tutti i media americani, nazionali e locali, oltre alle grandi agenzie internazionali. Hanno atteso accalcati l’uno sull’altro per per ore all’aeroporto di Seattle il ritorno di Amanda Knox: e lei ha mostrato di non reggere a tanta pressione. Con la voce rotta dal pianto, ha ringraziato ”tutti coloro che mi hanno dato sostegno, a me e alla mia famiglia” e, quasi scusandosi, ha affermato di fare fatica a ”ricordare l’inglese. Non sono piu’ abituata”. Un ‘punto stampa’ breve, allestito in un parcheggio dell’ aeroporto. Un podio, con il microfono, e i giornalisti tenuti a distanza da robuste transenne. Prende la parola per primo uno dei legali della famiglia, l’avvocato Theodore Simon, per affermare che ”il caso non stava in piedi”, per esprime apprezzamento per ”il coraggio” i giudici che hanno esaminato di nuovo tutta il caso in appello, e anche per ricordare che ”Amanda e Meredith erano amiche”. Poi e’ il turno del padre, Curt, che a sua volta ringrazia la citta’ di Seattle e chiunque abbia creduto in Amanda, e soprattutto, il team di avvocati italiani, che hanno fatto ”un lavoro magnifico”. Quindi e’ il momento di Amanda. Sale sul podio esitante, accolta da un grande applauso, da molti dei giornalisti e da qualche ‘supporter’ riuscito ad infiltrarsi. Fatica molto a riuscire a parlare. Facendo un respiro profondo, gesticolando nervosa, afferma che ”guardando la mia citta’ dall’aereo… non mi sembrava vero”. Una pausa e, ancora quasi scusandosi, aggiunge che ”ora la cosa piu’ importante e’ la mia famiglia. Voglio stare con loro”. Un altro applauso segna la sua uscita di scena. Mistero sulla sua destinazione. Al club degli ‘amici di Amanda’ non sanno dire, o non vogliono. Di certo non hanno organizzato ”nessun evento fino a quando non ci dira’ lei, non ci dara’ la sua disponibilita’. Alcuni di loro pero’ oggi erano all’aeroporto. Emozionati, quasi fino alle lacrime. Come una studentessa di criminologia, Stephanie Torreplance, che ha seguito il processo ”sin dal primo giorno” e che afferma che ”delle giustizia italiana non voglio parlare per non offendere gli italiani”. O come una signora sulla cinquantina, Susan Rosales, che indossava una maglietta con scritto in italiano ”Amanda e Raffaele Liberi” e che teorizzava che la loro vicenda ”e’ un caso esemplare, che riguarda tutti, perche’ e’ un caso sull’ innocenza”. E poi, con un gran sorriso aggiungeva di aver apprezzato molto ”quando Amanda ha detto che ama ancora molto l’Italia”.