CASERTA – Il no alla proroga della cassa integrazione per gli ex lavoratori della Ixfin di Marcianise rischia di provocare l’ennesimo dramma sociale in Terra di Lavoro. 500 famiglie che dal 30 giugno non hanno un reddito in virtù della scelta del giudice fallimentare di dire no alla proroga dell’ammortizzatore sociale. I lavoratori hanno deciso di inviare una missiva al giudice Aldo Cennicola per ricostruire la storia e invitarlo ad avere coscienza che la sua decisione avrà serie ripercussioni su migliaia di persone.
Ecco il testo:
Lettera aperta al giudice Fallimentare Aldo Cennicola
Giudice delegato della Ixfin Spa in Fallimento
Sono un ex lavoratore della Ixfin, di cui lei ha la responsabilità per la gestione del fallimento della stessa, una persona che in questi giorni vede negarsi il futuro a causa delle sue decisioni.
Io non voglio accusarla di niente, non voglio sfogare la rabbia (che pure è tanta) per i riflessi che sta avendo sulla mia vita la decisione di non accompagnare più il nostro calvario, con l’apertura della mobilità o la proroga della cassa integrazione. Ancora una volta per punire qualcuno che non fa il suo dovere, la Legge se la sta prendendo con me e con i miei compagni e amici di lavoro.
Si, perché già in quell’ormai lontano luglio 2006 quando, un altro giudice come lei, fece fallire un’azienda di più di 1000 persone con un fallimento d’ufficio, nonostante ci fossero dei piani di salvaguardia firmati dal governo e garantiti dall’Europa, le colpe formali erano della proprietà Pugliese e le pene sostanziali le abbiamo pagate noi perdendo il posto di lavoro.
Da allora un calvario: la speranza dell’accordo di programma firmato da Presidenza del Consiglio, Regione e Provincia, gli anni in cassa integrazione in deroga con sussidi sempre più bassi (negli ultimi due anni abbiamo percepito 500 euro al mese e sempre con forte ritardo), la trasformazione dell’accordo di programma in Piano di Azione e Coesione, e alla fine la beffa di essere sbattuti in mezzo ad una strada, senza neanche più il sostegno al reddito, da un tutore della legge, che pensavo dovesse avere il compito di garantire i diritti di tutti. Questo, mi scusi, ma è inaccettabile!
Non voglio e non sono in grado di fare una disputa legale su cavilli e regolamenti, ma quello che mi lascia sconcertato è il risultato di quanto da lei e dagli organi della curatela è stato prospettato negli ultimi incontri con il sindacato. In sostanza si imputa al Governo e alla Regione di non aver fatto le cose nei tempi e nei modi giusti e per questo si nega a noi (lavoratori senza alcuna colpa se non quella di esistere ancora) l’accesso agli strumenti che in Italia, soprattutto in questo periodo di crisi, non vengono negati a nessuno, figurarsi a noi che da anni stiamo aspettando una ricollocazione che non arriva.
Io le chiedo uno sforzo di attenzione nei nostri confronti, di non guardarci attraverso il freddo filtro del codice civile, ma di guardare a noi come al suo prossimo, come a persone che possono (e forse in qualche caso è vero) abitare di fronte casa sua, che respirano la sua stessa aria (peraltro inquinata), che ogni giorno vivono in una terra difficile dove la lotta tra legale e illegale è il vero problema di ogni giorno. Perché dobbiamo subire questo ennesimo oltraggio alla nostra dignità, al nostro desiderio di sicurezza, alla capacità e sostenibilità economica delle nostre famiglie? Perché un cavillo, o una scelta impongono di mettere sulla stessa bilancia il mio diritto alla vita e la tutela di patrimoni che, probabilmente, ormai non vengono tutelati che da un punto di vista formale? Io sono fatto di carne viva, non sono solo un numeretto contabile! Lo grido con tutto il mio corpo e con tutta la mia anima e faccio appello alla sua, perché possa giudicare con piena consapevolezza di quanto dipende dalle sue decisioni.
Non firmo questa lettera perché possa decidere lei chi gliela sta indirizzando:
sono una mamma in attesa che senza quei soldi non può dare sicurezza al proprio figlio nei primi due anni di vita; sono un marito che non sa se potrà guardare in faccia sua moglie perché le ha tolto serenità; sono un uomo che aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto andando via con la mobilità per cercare lavoro in un altro paese, sono un ammalato che non può cercare lavoro e deve curarsi in attesa di stare meglio; sono un ultra cinquantenne che poteva avvicinarsi alla pensione, che già gli è stata negata per altre scelte esclusivamente economiche; sono una persona che spera di avere una possibilità, che fino ad oggi gli è stata negata, quella di credere che la Legge sta dalla sua parte!
Un saluto da parte mia e dei miei 500 compagni di sventura…
Nei giorni scorsi sul “caso” Ixfin abbiamo intervistato Arcangelo Roseto della Fiom
ECCO LA VIDEO-INTERVISTA