E’ andata come doveva andare: la mozione che chiedeva un referendum sulla partecipazione della Gran Bretagna all’Unione Europea e’ stata bocciata dal Parlamento britannico. I deputati che hanno votato contro sono 483 mentre i favorevoli sono stati 111.

Questo significa, a conti fatti, che i frondisti del partito conservatore sono arrivati a quota 80. Una cifra significativa che non promette nulla di buono per il premier David Cameron. La questione e’ tutta politica. Il voto marca una spaccatura tra partito e governo, che di fatto e’ stato salvato dal New Labour. Il prezzo da pagare alla ragion di Stato, dal punto di vista dell’immagine, sara’ dunque salato per il primo ministro. La mozione, infatti, e’ stata scatenata da una petizione popolare – riforma introdotta proprio dalla coalizione di governo. Ad aver chiesto il referendum, per lo meno sulla carta, non sono stati solo i falchi Tory ma il popolo britannico. Che, come ha sottolineato Bernard Jenkin, parlamentare conservatore, da 35 anni non viene consultato sulle questioni europee. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e’ stata l’approvazione del trattato di Lisbona, ratificato a suo tempo dai laburisti. Cameron ha promesso alla vigila del voto di rinegoziare i termini del Trattato alla prima occasione e ”riforme fondamentali” in Europa e nel rapporto con l’Europa. E’ certo che i falchi del partito, visti i numeri, torneranno presto alla carica per veder tramutate in realta’ quelle parole. Il premier resta quindi stritolato fra due ineluttabili realta’: da una parte l’interesse nazionale e dall’altra gli umori del partito – e del suo elettorato. Un sondaggio del Guardian ha infatti mostrato che il 70% dei britannici si dice favorevole a un referendum sulla partecipazione del Regno Unito all’Ue e il 49% voterebbe per farla finita con Bruxelles. Non e’ una sorpresa. I sudditi di sua Maesta’ sono sempre stati tiepidi nei confronti dell’Europa, figuriamoci ora che sembra la fonte di tutti i mali dell’economia globale. Che poi e’ il motivo che ha portato Cameron a chiedere ai suoi di usare la ragione. ”Questo non e’ il momento appropriato per lanciare un referendum che preveda l’opzione dentro o fuori dall’Unione Europea”, ha detto ai Comuni. ”Quando la casa dei vicini e’ in fiamme – ha proseguito – e’ il caso di aiutarli a spegnere l’incendio, anche per evitare che arrivi a casa propria”. II governo, ad ogni modo, e’ andato oltre. ”Abbandonare l’Ue – ha rimarcato Cameron – non e’ nella strategia del governo e nemmeno nell’interesse della Nazione”. Ad illustrare le ragioni della realpolitik ci ha pensato anche il ministro degli Esteri William Hague. ”Il mercato europeo – ha detto – assorbe il 50% del nostro export e uscire dall’Ue penalizzerebbe le nostre aziende”. Il referendum sarebbe dunque la ”risposta sbagliata al momento sbagliato”. Il leader dell’opposizione Ed Miliband non ha comunque perso l’occasione di rinfacciare al primo ministro tutte le contraddizioni della sua politica europea (”un film gia’ visto”) e ha accusato il governo di patire una ”crisi di nervi”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui