In tempi di crisi si sa, l’improvvisazione paga e spesso è l’unica via. E’ sempre più frequente incontrare alle pompe di benzina h24 qualche giovane immigrato che si improvvisa benzinaio. Ed è così che questo improvvisare è divenuto, ben presto, uno dei clichè in salsa napoletana. Un modo come un altro per racimolare qualche spicciolo, penseranno i più, obbligo di sopravvivenza direbbero le braccia di chi di questo ci vive. L’attività di questi ragazzi, spesso giovanissimi, è un mezzo di sussistenza fin troppo distante dal concetto di dignità del lavoro. Garanzie, tutele, un salario dignitoso, sono i grandi assenti di una dimensione che di lavorativo ormai ha ben poco, mentre è sempre più nitido il volto dello sfruttamento. L’orario ufficiale di chiusura delle pompe, circa le 20.00 pm, rappresenta per loro l’inizio della “giornata lavorativa”. Pioggia , grandine, freddo, con o senza tettoie per ripararsi, alle 20.00 si è ai posti di combattimento. Un vero e proprio passaggio di consegne tra il gestore e l’immigrato segna il fischio di inizio. Gestori, che così riescono a garantire un servizio “extra” , aumentando l’affluenza, e quindi i guadagni, anche in orari notturni. Del resto il self service non sempre convince: a mettere benzina ci si sporca le mani, bisogna scendere dall’auto e poi, dopotutto, ci sono loro, gli immigrati, a cui se vuoi lasci una moneta o , più semplicemente, metti in moto e te ne vai. Fino ad otto le ore lavorative, finché le forze lo permettono, finché la febbre, a cui vanno soggetti nei periodi invernali, non è salita al punto da costringerli in un letto. Non è prevista paga, salvo in pochissimi casi in cui si parla di circa 30 euro settimanali. Per gli altri , la maggior parte, non resta che mettersi in tasca quelle poche monete che gli automobilisti, quando la sorte è dalla loro, saranno disposti a cedere.

(foto di Emanuele di Cesare)

Luca Leva

 

 

 

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