In Italia mancano quasi 2.900 medici di medicina generale ed entro il 2025 in Italia se ne perderanno altri 3.400. La stima è della Fondazione Gimbe che lancia l’allarme sulla carenza di questi camici banchi non dipendenti, convenzionati con le Asl, che conservano uno stretto legame con le famiglie e che si aggiunge allo spopolamento di corsie e pronti soccorso. Nel nostro paese il 42,1% dei medici italiani supera il tetto massimo di 1.500 assistiti con gravi difficoltà a trovare un medico in alcuni quartieri delle città e nelle zone interne disagiate. Scenario in cui l’aumento dell’età pensionabile portata a 72 anni col Milleproproghe e la possibilità di innalzare il numero ottimale di pazienti in carico a ciascun medico da 1000 a 1300 e di quello massimo da 1500 a 1800, nascondono solo la polvere sotto il tappeto. Secondo lo studio di Gimbe le regioni in cui oltre il 50% dei medici di famiglia ha più del massimo dei 1500 assistiti sono Lombardia (65,4%), Provincie autonoma di Trento (75,5) e di Bolzano (63,7), Veneto (59,8), Valle d’Aosta (58,2%) e Campania (52,7%) mentre la media delle regioni è del 42,1%. “L’allarme sulla carenza di medici di famiglia – afferma Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe – riguarda tutte le Regioni per motivi diversi: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un medico nelle vicinanze del domicilio, con disagi e rischi per la Salute”. Dal recente rapporto Agenas emerge una progressiva diminuzione dei medici in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4%) con notevoli variabilità regionali (Calabria soprattutto e anche Campania e Basilicata, ne hanno persi di più). Un trend che peggiorerà al 2025. Video “Oggi – avverte Silvestro Scotti, a capo della Fimmg il maggiore sindacato nazionale di categoria – sono soprattutto le regioni del Nord a registrare gravi difficoltà nel turn over tanto da dover attingere agli elenchi dei dottori in formazione. La Campania ha tamponato le carenze da un lato innanzando la quota ottimale di assistiti da 1.000 a 1.300 per ciascun medico, per un altro verso attingendo alle graduatorie che si erano allungate negli anni”. Insomma la Campania tiene: lo scorso luglio sono state assegnate 390 su 420 carenze (solo 30 le rinunce) e nei prossimi mesi ne andranno attribuite altre 350 ma i quartieri periferici e le aree interne, il Cilento a sud di Salerno, l’Irpinia e il Sannio, sono ugualmente in difficoltà. Qui i medici residenti sono pochissimi e i giovani che accettano lo fanno per il tempo strettamente necessario a guadagnare punteggio per poi chiedere il trasferimento. Ciò rende cronica la penuria. È soprattutto il quadro anagrafico a preoccupare visto che nel 2021 il 75,3% dei dottori aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale dove la quota di anziani arriva a superare l’80%: Calabria (88,3%), Molise (83,2%), Campania (82,7%), Sicilia (82,6%), Basilicata (82,1%). Le fughe nel privato e in altri servizi prima dell’età della pensione, la rinuncia agli incarichi da parte dei giovani a caccia di impieghi più gratificanti la premessa delle difficoltà. Uno scenario in cui è sempre più difficile per le famiglie individuare un medico o un pediatra disponibile a prenderle in carico. Una soluzione innovativa arriva proprio dalla Campania: “La Fimmg – conclude Pina Tommasielli dirigente del sindacato – ha chiuso un accordo con l’Anci (Associazione dei Comuni) per cui ai medici non residenti che decidono di andare in un paesino delle aree interne vengono messi a disposizione un ambulatorio, le utenze, l’eventuale accompagnamento con i vigili in aree difficili da raggiungere. Col milleproroghe un anziano che voglia restare in servizio fino a 72 anni può farloi se non ci sono giovani che accettano le carenze”.

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