GIUGLIANO – «Signora, una firma contro la costruzione dell’inceneritore a Taverna del re?” “Potete aspettate un momento, chiedo a mio marito». Un modo sicuramente garbato per esprimere il proprio disinteresse

nei confronti della petizione promossa da numerose sigle del mondo associazionistico, che lo scorso fine settimana attraverso la presenza di banchetti un po’ in tutta Giugliano, hanno raccolto centinaia di firme per protestare contro il recente invito che la Provincia di Napoli ha rivolto all’Assessore regionale all’ambiente, Giovanni Romano, a dare il via alle procedure necessarie alla costruzione dell’inceneritore in località Taverna del re dove bruciare le balle stoccate nel locale sito temporaneo ormai da dieci anni. «Più dello scetticismo di chi etichetta l’iniziativa come l’ennesima battaglia ambientalista contro i mulini a vento, o delle obiezioni di chi vede nell’inceneritore l’unica soluzione al problema delle balle – commentano gli attivisti – sono frasi del genere che lasciano il segno. Poche parole che sembrano racchiudere in se tutta la sostanza di quel problema rifiuti che ha generato in poco più di cinque anni, ecomostri come Taverna del re, piuttosto che Chiaiano o Ferrandelle, ma del quale ci si dimentica troppo facilmente non appena i cumuli di sacchetti non affollano più le nostre strade».

 

Se è vero, infatti, che buona parte della cittadinanza sfoga la propria rabbia per l’attuale devastazione che affligge il proprio territorio inveendo, paradossalmente, proprio contro il mondo ambientalista, reo a suo dire del disastro proprio per stare sempre lì a protestare contro tutto e tutti senza proporre mai soluzioni alternative, è anche vero che la perenne assenza di coinvolgimento della cittadinanza nelle decisioni riguardanti la gestione della cosa pubblica, sembra avere letteralmente intorpidito le mente delle persone precipitandole in un micidiale mix di indifferenza e delega decisionale che oggi, scaricando cinicamente le colpe su chi subisce le decisioni, viene presentato col nome più altisonante di allontanamento dalla politica.

Un gesto materiale quindi, quello dei banchetti che sabato 22 e domenica 23 hanno animato diversi angoli di Giugliano attraverso il quale, al di là del riscontro oggettivo delle firme, ha come obiettivo più alto proprio quello di risvegliare la popolazione da quel letargo che a distanza di quasi diciotto anni da quel fatidico 11 febbraio 1994, data in cui fu dichiarato lo stato di emergenza rifiuti, ha precipitato nel baratro non solo la salute della popolazione, ma l’intera economia di un territorio un tempo noto come “Campania Felix”, e che oggi è costretto addirittura ad essere incolpevolmente zimbello di patetici sfottò sul tema della raccolta differenziata.

«Di fronte a tali e tante difficoltà di agire – ribadiscono diversi rappresentanti di movimenti e associazioni presenti in piazza – ora più che mai è giunto il momento di mettere da parte quelle inutili contrapposizioni e quella sterile volontà di primeggiare che da troppo tempo, insinuandosi pericolosamente tra le varie realtà che di volta in volta sono chiamate a partecipare ad iniziative del genere, non fanno altro che alimentare la fame di quanti hanno tutto l’interesse a mantenere delle sorte di crepe partecipative attraverso cui insinuarsi per poter muoversi lungo quell’asse politico-criminale che per troppi anni ha annerito la mappa di questo territorio». «Soluzioni alternative, chiede la gente? Ne esistono – concludono gli ambientalisti –. Pensiamo alla partenza degli undici impianti di compostaggio presenti ad oggi in Campania, ad una raccolta differenziata spinta accompagnata da una sana politica di riduzione dei rifiuti che è la naturale prosecuzione verso il famigerato obiettivo “Rifiuti Zero”. Ma tutto questo non può essere realizzato senza l’azione congiunta e soprattutto concreta di politica, istituzioni e cittadinanza. Ricordiamoci che il mondo è tutto attaccato».

Vincenzo Viglione

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