Il superkiller Giuseppe Setola, protagonista nel 2008 di una ‘stagione’ di violenza e sangue nel casertano, considerato anche dai collaboratori di giustizia che stanno svelando i retroscena degli ultimi anni della camorra casalese, quale Oreste Spagnuolo, un ‘fedelissimo’ del boss detenuto Francesco Bidognetti, e’ stato usato dal boss Michele Zagaria per espandere il suo potere.

L’analisi e’ del pm di Napoli, Raffaele Falcone, magistrato che ha indagato a lungo le dinamiche dei Casalesi e dei loro alleati di Marcianise, i Belforte. All’indomani della cattura della ‘primula rossa’ della camorra, mentre Zagaria e’ ormai nel carcere di Novara ristretto al 41 bis e sorvegliato a vista, Falcone sottolinea che ora magistratura e forze dell’ordine devono intensificare il monitoraggio del territorio casertano, “attenti a percepirne i mutamenti”, cominciando da subito l’attacco dello Stato al patrimonio economico del boss, “che e’ immenso e che certo in questi anni di latitanza avra’ anche provveduto a poter gestire in ogni situazione”. Giuseppe Setola, ragiona Falcone, ha rappresentato una sorte di frattura nel rapporto tra Casalesi e territorio, per le sue azioni eclatanti quali ad esempio la strage di Castelvolturno, 7 vittime tra italiani e ghanesi in una sola notte, o i tentativi di uccidere avversari usando i kalashnikov in raid in centri abitati. “Non ha mai rappresentato la vera camorra casalese – dice – ma piu’ probabilmente e’ stato lo strumento attraverso il quale Zagaria ha visto l’opportunita’ di esasperare lo Stato, inducendolo a contrastare con maggiore forza i gruppi di Schiavone e Bidognetti, ancora potenti nonostante gli arresti dei vertici, creando cosi’ piu’ spazio per il suo”. Interventi ‘militari’ quali quelli compiuti da Setola, infatti, sono possibili solo se c’e’ l’autorizzazione del boss, e Michele Zagaria era l’unico che poteva fermare il superkiller se avesse inteso farlo. Cio’ che Setola ha fatto, dunque, ha portato a una reazione degli apparati statali molto forte, con la creazione del cosiddetto ‘modello Caserta’, che ha rafforzato sinergie investigative e repressive gia’ createsi, sfociata in arresti eccellenti, tutti a carico delle due fazioni Schiavone e Bidognetti. In manette e poi a processo e’ finito anche Nicola Schiavone, il figlio del boss Francesco detto ‘Sandokan’, l’erede designato del gruppo storico, “colui che rappresentava la continuita’. Zagaria invece – nota Falcone – non nasce come uomo di vertice. Le sue capacita’ imprenditoriali sono sempre state utili al clan, ma negli anni ’90 viene nella gerarchia interna molto dopo elementi apicali quali Giuseppe Caterino o Domenico Bidognetti. Anche gli omicidi di cui e’ imputato sono pochi e risalgono a molto tempo fa. E’ nei 16 anni di latitanza che crea e consolida i suo mito e il suo potere. Anche perche’ i Casalesi non sono piu’ un’alleanza di gruppi che gestiscono in modo armonico le attivita’ illecite nel casertano, e non solo, e non hanno piu’ una cassa comune. Zagaria a poco a poco abbandona anche le attivita’ di controllo militare del territorio, lasciandole a Schiavone e Bidognetti, indirizzando le sue capacita’ sempre piu’ a partire dal 2000 nell’imprenditoria”. Il pm ricorda come lo stesso Zagaria, intercettato, incontrando in un ristorante un imprenditore del Nord, quando questi si stupisce di avere di fronte il boss in una delicata trattativa economica, rivendichi: “Si’, sono un camorrista ma sono anche un imprenditore”. “Dagli anni 2000 in poi – spiega Falcone – ne’ lui ne’ i suoi fratelli si sporcano piu’ le mani con omicidi e atti violenti”. Setola, dunque, fino a un certo momento e’ stato ‘braccio armato’ dei bidognettiani, ma poi “non era piu’ sotto il loro controllo e solo Zagaria poteva fermarlo”. Con la cattura di Zagaria, la struttura ‘mafiosa’ della camorra Casalese muta di nuovo, anche perche’ ci sara’ un ricambio generazionale e lo stesso boss “si e’ progettato una successione. Anche Casapesenna, tipico e vero esempio di feudo di camorra sino a ieri, una sorta di Svizzera casertana dove sinora lo Stato non aveva alcuna capacita’ di essere presente perche’ tutto funzionava bene e regolato dal capoclan, subira’ cambiamenti profondi”. Michele Zagaria potrebbe diventare un pentito? Difficile, secondo Falcone, anche se la difesa del suo patrimonio economico o altri fattori umani potrebbero indurlo a scelte di collaborazione. Quello che conta, ora, e’ “non abbassare la guardia, continuare a monitorare il territorio, sequestrare e confiscare beni, ma soprattutto non far venir meno quel lavoro sinergico per cui tutti abbiamo avuto a lungo gli stessi obiettivi e gli stessi ritmi legato anche al ‘modello Caserta’”.

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