MARCIANISE – Ha partorito in strada, sul marciapiede che dal giorno prima era diventato la sua casa. La storia di Anna, 40 anni, sofferente psichica senza fissa dimora, riaccende i riflettori sul dramma dei clochard a Napoli, a tre settimane dal tweet di Roberto Bolle

che segnalava la presenza di barboni sotto i portici del teatro San Carlo come emblema del degrado della città. Proprio nei pressi del San Carlo c’é un negoziante che, sempre oggi, lancia un sos: il suo esercizio è in crisi perché i potenziali clienti si allontanano a causa dell’odore nauseabondo che si leva dal giaciglio di un homeless. Storie di sofferenza e di disagio che si intrecciano, nella Napoli dove vivono – secondo stime della Comunità di Sant’Egidio – circa 1.500 barboni. Per loro si è attivata la rete della solidarietà nei giorni del grande freddo; passata la mobilitazione dell’emergenza resta la quotidianità difficile da affrontare. Ne sa qualcosa Anna, nata a Marcianise (Caserta), un passato di ricoveri, anche recenti, in ospedale e di fughe. Stamane i residenti di via Bianchini, strada del centro tra via Duomo e piazza Mercato, l’hanno sentita gemere: le hanno chiesto se avesse bisogno di aiuto, lei ha risposto di no. Ad un certo punto la donna si è alzata, lasciando sul marciapiede il neonato da poco partorito. “Siamo rimasti esterrefatti, nessuno pensava che fosse incinta – spiega Massimo Solombrino, tra i primi ad accorrere – anche perché era avvolta in un vecchio cappotto che le nascondeva il corpo”. Gli abitanti di via Bianchini hanno chiamato i soccorsi, e nel frattempo hanno coperto il corpicino del bimbo per proteggerlo dal freddo. Quando sono arrivati i carabinieri la donna si era allontanata di qualche centinaio di metri dal neonato, e ciò ha fatto pensare che volesse abbandonarlo. Lei, in evidente stato di confusione, pare abbia spiegato di essersi mossa per chiedere aiuto. Anna ora è piantonata dai carabinieri nell’ospedale Loreto Mare, è ancora poco lucida, pronuncia frasi sconnesse. Il suo bambino si trova nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Annunziata, dove è giunto con forti sintomi di ipotermia. Per entrambi si profila un futuro pieno di incognite: il neonato sarà affidato ai servizi sociali, la mamma potrebbe essere ricoverata in un centro di salute mentale. In un’altra zona di Napoli, nel “salotto buono” tra il teatro San Carlo e la Galleria Umberto I, si parla oggi di senza fissa dimora, ma per motivi diversi. Antonio Esposito, titolare di un negozio di prodotti alimentari tipici, da giorni si ritrova con il locale semivuoto. I passanti girano al largo e si turano il naso, per il lezzo causato dalle condizioni igieniche di estrema precarietà di un homeless accampato nei pressi. “E’ assurdo – dice Esposito – che un’attività economica rischi di finire in ginocchio per l’assenza di servizi e strutture sociali che affrontino i disagi dei clochard”.

 

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