Il figlio maggiorenne che rifiuta il lavoro offerto dal padre, compatibile peraltro con il titolo di studio conseguito, rischia di perdere il diritto al mantenimento. Lo rileva una sentenza della Cassazione che ha detto stop al mantenimento di una ragazza 36enne, laureata in architettura, e titolare di una rendita immobiliare, che aveva rifutato l’offerta di lavoro del padre occupato nel settore dell’ edilizia. Secondo piazza Cavour il rifiuto della figlia e’ “ingiustificato” e quindi e’ giusto che il padre sospenda il mantenimento.

La vicenda analizzata dalla Sesta sezione civile – sentenza 610 – si riferisce al ricorso di una moglie separata C.C. di S. Maria Capua Vetere, madre di tre figli tutti maggiorenni e laureati, che chiedeva all’ex marito di continuare a mantenere la figlia 36enne R. che conviveva con la madre e che non era economicamente autonoma a differenza dei due fratelli che avevano accettato la soluzione lavorativa offerta dal padre. In conseguenza del rifiuto, la ragazza si era gia’ vista revocare gli alimenti da parte della Corte d’appello di Napoli, nel maggio 2010, sulla base del fatto che la ragazza era in grado di procurarsi “autononomamente i mezzi di sussistenza”. Inutile, sul punto, il ricorso della madre in Cassazione che chiedeva di fare rivivere gli alimenti per la figlia. La Suprema Corte ha fatto proprie le motivazioni di secondo grado, sottolineando che il no all’assegno “si rivela irreprensibilmente e attendibilmente fondato sulla puntuale verifica delle condizioni personali ed economiche della figlia, ormai trentaseienne e titolare di rendita immobiliare nonche’ di titolo di studio universitario, e, dunque, in grado di attendere ad occupazioni lucrative ingiustificatamente, invece, da lei rifiutate”. Il caso sara’ rianalizzato in ogni caso dalla Corte d’appello di Napoliche dovra’ ripronunciarsi solo sul ‘quantum’ da assegnare alla ex moglie (in appello l’assegno era stato abbassato a 1.600 euro mensili dagli originari 5 mila).

 

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