Rocco Ascia, l’esercente di Gela arrestato, stamani dai carabinieri per avere simulato di essere vittima di un incendio doloso, aveva assicurato il suo bar-ristorante, l”’Hi-Tech Cafe”’, per un milione di euro prima di farlo bruciare da un complice, Alessandro Di Fede, finito anche lui in manette.

Lo hanno rivelato gli inquirenti nel corso di una conferenza stampa. Dalle indagini patrimoniali condotte dalla guardia di finanza, Ascia e’ risultato in grave dissesto finanziario. Aveva talmente bisogno di denaro che non e’ stato in grado di saldare nemmeno il compenso all’esecutore materiale del danneggiamento, al quale aveva dato solo una caparra. Una conversazione tra i due e’ stata intercettata dai carabinieri, che hanno cosi’ potuto completare il quadro dei numerosi indizi raccolti sulla base dei quali la magistratura ha emesso gli ordini di custodia cautelare in carcere, per incendio aggravato. Ascia risulta essere stato indagato, in passato, per associazione mafiosa, perche’ sospettato di essere vicino al clan ”Emmanuello” di Cosa Nostra, mentre Di Fede ha precedenti per furto e danneggiamento. Il procuratore della Repubblica del tribunale di Gela, Lucia Lotti, ha sottolineato la rapidita’ e la precisione delle indagini dei carabinieri e poi ha voluto denunciare il ripetersi in citta’ di episodi di simulazione di reati come danneggiamenti, furti e rapine, definendoli ”gravi aspetti di inganno sociale”.

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