NAPOLI – I lavoratori della Eavbus in lotta hanno scritto una lettera aperta ai pendolari per spiegare le ragioni della sciopero ad oltranza. “Nonostante i drastici tagli alle risorse nazionali e regionali per il Trasporto Pubblico Locale, i viaggiatori sono in aumento esponenziale. Ma le aziende, strozzate dai debiti, sono incapaci di rispondere alle incrementate richieste dei cittadini. Spesso sono in circolazione meno della metà dei treni e degli autobus, visto che molti sono così malandati da impedirne la loro utilizzazione.

 

A complicare la situazione, concorrono le incomprensibili decisioni dell’Assessorato Regionale ai Trasporti e del vertice dell’Ente Autonomo Volturno (EAV), da cui dipendono i circa 4mila lavoratori che operano nelle più grandi aziende della Campania (Circumvesuviana, SEPSA, Metro Campania ed EAVBUS). Dopo circa due anni dall’insediamento, i vertici EAV – di nomina politica – hanno prodotto strategie contraddittorie e poco incisive sulla riorganizzazione delle aziende. Anzi, EAVBUS è in fallimento, e le altre aziende sono sull’orlo del precipizio.

 

In queste ore, finalmente, si è provveduto – da parte del Ministero dell’Economia – a nominare i due Commissari, previsti dal Decreto CRESCITALIA, che dovranno gestire la ricognizione e la dilazione, in cinque anni, del debito pregresso (circa 600 milioni di euro). Nomina attesa, e più volte invocata a livello regionale, ma che non risolverà, purtroppo, in maniera integrale i problemi del settore. Persiste, infatti, uno sbilancio tra entrate ed uscite nelle aziende operative che produce un deficit annuo di circa 100 milioni.

Per fronteggiare il deficit ordinario, i vertici EAV puntano unicamente sui tagli occupazionali e retributivi, con l’intento di convincere l’opinione pubblica che l’inarrestabile degrado sia dovuto agli alti costi del personale. I lavoratori del settore rappresentano, invece, una risorsa dotata di alta professionalità che spesso viene mortificata e che si prova, da parte dirigenziale, a frammentare per tenerne sotto controllo la forza dirompente. Il collasso attuale ha, a nostro parere, come unici responsabili politici e manager che nell’ultimo decennio hanno allegramente depauperato il sistema della mobilità. Tuttora essi continuano a riservare a se stessi laute retribuzioni e, allo stesso tempo, disperdono preziose risorse economiche nella costruzione di costose infrastrutture, spesso inutili. Così, però, sono soltanto i “pendolari” ed i lavoratori a pagare per le scellerate scelte della casta.

Occorre, invece, ridare altissima priorità ai trasporti – così come già fatto per la sanità – per scongiurare l’implosione delle aziende, che causerebbe la sostanziale sparizione di tale indispensabile servizio. È anche necessario difendere la tariffa integrata UNICOCAMPANIA eliminando, però, la struttura consortile, nata per motivi politici, che produce solo insostenibili costi di gestione. Parallelamente, occorre restituire autonomia tariffaria e di riscossione alle singole aziende. Bisogna, infine, opporre un netto diniego ad ogni politica di privatizzazione che comporterebbe la progressiva riduzione dei servizi e, soprattutto, la crescita incontrollata delle tariffe, così come già avvenuto con la privatizzazione dell’acqua”.

 

Nonostante i drastici tagli alle risorse nazionali e regionali per il Trasporto Pubblico Locale, i viaggiatori sono in aumento esponenziale. Ma le aziende, strozzate dai debiti, sono incapaci di rispondere alle incrementate richieste dei cittadini. Spesso sono in circolazione meno della metà dei treni e degli autobus, visto che molti sono così malandati da impedirne la loro utilizzazione.

A complicare la situazione, concorrono le incomprensibili decisioni dell’Assessorato Regionale ai Trasporti e del vertice dell’Ente Autonomo Volturno (EAV), da cui dipendono i circa 4mila lavoratori che operano nelle più grandi aziende della Campania (Circumvesuviana, SEPSA, Metro Campania ed EAVBUS). Dopo circa due anni dall’insediamento, i vertici EAV – di nomina politica – hanno prodotto strategie contraddittorie e poco incisive sulla riorganizzazione delle aziende. Anzi, EAVBUS è in fallimento, e le altre aziende sono sull’orlo del precipizio.

In queste ore, finalmente, si è provveduto – da parte del Ministero dell’Economia – a nominare i due Commissari, previsti dal Decreto CRESCITALIA, che dovranno gestire la ricognizione e la dilazione, in cinque anni, del debito pregresso (circa 600 milioni di euro). Nomina attesa, e più volte invocata a livello regionale, ma che non risolverà, purtroppo, in maniera integrale i problemi del settore. Persiste, infatti, uno sbilancio tra entrate ed uscite nelle aziende operative che produce un deficit annuo di circa 100 milioni.

Per fronteggiare il deficit ordinario, i vertici EAV puntano unicamente sui tagli occupazionali e retributivi, con l’intento di convincere l’opinione pubblica che l’inarrestabile degrado sia dovuto agli alti costi del personale. I lavoratori del settore rappresentano, invece, una risorsa dotata di alta professionalità che spesso viene mortificata e che si prova, da parte dirigenziale, a frammentare per tenerne sotto controllo la forza dirompente. Il collasso attuale ha, a nostro parere, come unici responsabili politici e manager che nell’ultimo decennio hanno allegramente depauperato il sistema della mobilità. Tuttora essi continuano a riservare a se stessi laute retribuzioni e, allo stesso tempo, disperdono preziose risorse economiche nella costruzione di costose infrastrutture, spesso inutili. Così, però, sono soltanto i “pendolari” ed i lavoratori a pagare per le scellerate scelte della casta.

Occorre, invece, ridare altissima priorità ai trasporti – così come già fatto per la sanità – per scongiurare l’implosione delle aziende, che causerebbe la sostanziale sparizione di tale indispensabile servizio. È anche necessario difendere la tariffa integrata UNICOCAMPANIA eliminando, però, la struttura consortile, nata per motivi politici, che produce solo insostenibili costi di gestione. Parallelamente, occorre restituire autonomia tariffaria e di riscossione alle singole aziende. Bisogna, infine, opporre un netto diniego ad ogni politica di privatizzazione che comporterebbe la progressiva riduzione dei servizi e, soprattutto, la crescita incontrollata delle tariffe, così come già avvenuto con la privatizzazione dell’acqua.

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