ACERRA – I clan camorristici di Acerra progettavano un attentato contro il pm della Dda Vincenzo D’Onofrio, ritenuto troppo duro nei loro confronti, e contro un maresciallo dei carabinieri. Lo rivela il collaboratore di giustizia Pasquale Di Fiore, ex esponente della cosca omonima.

Per uccidere il pm si pensava di usare un bazooka contro la sua auto blindata; per eliminare il maresciallo, invece, si era pensato a un falso incidente stradale con un’auto pirata. Degli attentati, rivela Di Fiore, si discusse tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010 nel carcere di Secondigliano, dove in quel periodo erano detenuti gli affiliati a diversi clan acerrani. Fu il boss Giuseppe Di Iorio, racconta il pentito in un verbale del 26 ottobre scorso, a proporre “un’offensiva” contro i carabinieri di Castello di Cisterna, che riteneva ce l’avessero con lui; obiettivo era in particolare un maresciallo che aveva partecipato al suo arresto. Il boss, racconta il collaboratore di giustizia, intendeva dare in questo modo una lezione ai marescialli “esaltati di testa” affinch‚ “si calmassero”. Di Iorio detestava per• in modo particolare il pm Vincenzo D’Onofrio, che all’interno della Dda indaga sulle attivit… dei clan di Acerra e di altri Comuni del Vesuviano. Al magistrato, il boss contestava ”un particolare accanimento, da distruzione di massa” nei confronti dei clan, sia durante le indagini sia nei processi. ”Ognuno di noi – afferma Pasquale Di Fiore – aveva episodi avvenuti in udienza nei quali D’Onofrio aveva dimostrato durezza”. Per uccidere il magistrato (del quale Di Iorio aveva saputo che si spostava su una Bmw grigia blindata) era stato deciso di entrare in azione con il bazooka nei pressi della rampa che dal centro direzionale, dove hanno sede Procura e Tribunale, conduce ai Comuni vesuviani, in uno dei quali il pm risiede. Il boss, riferisce ancora il collaboratore di giustizia, riteneva che sarebbe stato impossibile individuare i responsabili dell’attentato dal momento che D’Onofrio Š impegnato in numerosi processi contro clan camorristici diversi. Il progetto, afferma ancora Di Fiore, non and• in porto perch‚ prevalse la linea pi— prudente di altri camorristi, ma anche perch‚ Di Iorio, che confidava in una imminente scarcerazione, fu raggiunto da un altro provvedimento restrittivo e rimase in cella.

 

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