La telefonata al 112 parte dalla scorta del ministro. È la sera dell’antivigilia di Natale e Federico Salvini è arrivato tardi per la cena di famiglia a casa di papà Matteo. Ma soprattutto è scosso. Si agita. Spiega: “Ero per strada (siamo dalle parti di via Novara, zona ovest della città, ndr) e si sono avvicinati in tre. Sembravano nordafricani. Mi hanno chiesto qualcosa, forse una sigaretta, non ho capito bene”. È un classico approccio da rapinatori di strada. Il ragazzo, 19 anni, primogenito del leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, non ha tempo di reagire. “Hanno tirato fuori un coccio di bottiglia e me lo hanno messo sotto al collo. Volevano il cellulare”. I tre lo arraffano in fretta e scappano a piedi. Federico Salvini non può nemmeno avvertire di quanto gli è capitato e del suo ritardo. Non gli resta che allungare il passo e dare l’allarme a voce. Dal numero unico di emergenza, la chiamata della scorta viene smistata alla Questura. Sul posto arrivano gli agenti delle volanti, gli specialisti dell’Antirapine della Squadra mobile, gli esperti della Digos. Ma appare subito chiaro che l’aggressione non ha nessuna matrice politica. È invece un colpo “semplice” quello su cui indagano, dalla sera del 23 dicembre, gli investigatori della quinta sezione della Mobile, guidati dal funzionario Francesco Federico e dal dirigente Marco Calì. Pesante è il cognome della vittima, e non inedito alle cronache. Comparve tre anni fa quando, sul bagnasciuga di Milano Marittima, gli venne concesso un giro in mare con una moto d’acqua della polizia. Il videoreporter di Repubblica Valerio Lo Muzio riprese l’escursione, tre agenti provarono a impedirglielo chiedendogli i documenti ma finirono denunciati per peculato e violenza privata: accuse poi cancellate da un’assoluzione. I poliziotti si mettono subito al lavoro, come da prassi: una squadra si dedica a una “battuta” nei dintorni della rapina, cercando testimoni e telecamere che possano aver ripreso la scena, altri agenti caricano Federico Salvini a bordo di una volante, in attesa che il segnale dello smartphone si riattivi e possa permettere la geolocalizzazione dell’apparecchio e dei suoi predoni. Cosa che non avviene. Ma una svolta in questo piccolo caso pre-natalizio arriva lo stesso, e proprio la sera della vigilia. Stavolta a chiamare il 112 è uno dei tanti esercenti egiziani del quartiere San Siro, uno di quelli che tiene aperto fin oltre l’orario del cenone per i clienti last-minute. Spiega al centralino che uno dei suoi avventori si è presentato proponendogli un telefono come nuovo e a prezzo di favore. Glielo ha lasciato, per invogliarlo. L’affare non gli è piaciuto. Puzzava. Una volante corre al negozio e lo prende in consegna. Del venditore non si sono più avute notizie. Dall’ufficio reperti della Questura vengono contattati i colleghi della scorta di Matteo Salvini. Arrivano il vicepremier e il figlio Federico. Quell’apparecchio è proprio il suo. Ai ringraziamenti si sommano gli auguri di Natale. Adesso mancano solo i rapinatori. Sui quali la Mobile avrebbe già indizi precisi.

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