Una vera e propria holding dedita al gaming online illecito che gestiva una piattaforma utilizzata da milioni di giocatori, e che si avvaleva anche dei legami con i vertici del clan dei Casalesi, con introiti stimati in oltre 5 miliardi di euro in due anni. È quanto scoperto grazie alle indagini coordinate dalla Procura di Salerno e svolte dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale salernitano, culminata oggi nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 33 persone, indagate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, autoriciclaggio, con l’aggravante, per alcuni di questi reati, di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan camorristico dei Casalesi. È stato inoltre eseguito il sequestro di 11 siti internet, due società con sede legale a Mercato San Severino e di 3 milioni di euro nei confronti della persona individuata come capo e promotore del sodalizio criminale e di altre persone considerate suoi prestanome. Nella ricostruzione fatta propria dal gip di Salerno, il gruppo criminale si serviva di un sistema di gestione e amministrazione telematico ideato nei primi anni 2000 da uno dei destinatari dell’ordinanza, al quale venivano riconosciute percentuali di guadagno per aver fornito la piattaforma. Il sistema era stato potenziato fino a servire una community di gioco fatta di diversi milioni di giocatori diffusi in tutto il mondo i quali potevano giocare e scommettere online l’uno contro l’altro a distanza di migliaia di chilometri. Gli organizzatori si servivano di siti internet con domini .com ed .eu, tutti privi delle autorizzazioni dei monopoli di Stato italiani, allocati presso diversi server che, seppur coordinati da Mercato San Severino, sono materialmente ubicati in paradisi fiscali come Panama e l’isola di Curacao. Il sodalizio avrebbe abusivamente programmato ed eseguito il gioco delle scommesse, del casinò e del poker Texas Hold’em associandosi alla rete dbgpoker. Alcuni giochi risultavano fruibili anche su slot machine e totem materialmente posti in diverse attività commerciali, la maggior parte delle quali nel Sud Italia, alle quali erano imposti dai gruppi criminali egemoni sul territorio.

Al capo dell’organizzazione è contestato anche l’autoriciclaggio per una serie di investimenti fatti con gli introiti delle condotte illecite, in particolare a Panama dove avrebbe acquistato una serie di immobili. Uno degli indagati avrebbe inoltre venduto una Lamborghini Murcielago, fittiziamente intestata a una società iscritta nei registri della Repubblica Ceca, venduta a una concessionaria di Torino. Viene contestata l’aggravante mafiosa per l’agevolazione al clan dei Casalesi per la «consapevole fornitura della piattaforma di gioco illegale a soggetti ad esso contigui che, sulla base delle risultanze, ne avrebbero così alimentato le casse», scrive la Procura di Salerno.

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