L’Imu risulta piuttosto ostica per il settore agricolo: ‘picchia’ duro nel caso di aree vocate a riso, grano, soia e anche ortaggi e frutta e si palesa bizzarra con le arre vitivinicole di pregio facendo, delle distinzioni tra chi deve pagare difficili da comprendere.

E’ quanto rileva ‘Winenews’, rilevando che le aree agricole di produzione delle ‘commodities’, quali riso, grano, soia, ma anche ortaggi e frutta, sono per lo più incluse nelle zone dove l’imposta municipale unica dovrà essere pagata per intero (e cioé nei comuni ‘non montani’), senza le specifiche detrazioni che la ‘vecchia’ Ici offriva. Winenews porta degli esempi in cifre: un’azienda risicola di Pavia, di 50 ettari che pagava un Ici di 3.588,23 euro, paga come Imu 7.272,16 euro, ovvero 3.683,92 euro in più (+103%); un proprietario di un’azienda cerealicola del foggiano di 100 ettari, che pagava un Ici di 4.067,10 euro, paga come Imu 8.753,70 euro, ovvero 4.686,60 euro in più (+115%; dati Confagricoltura); in Romagna, 9 ettari di terreno di proprietà, destinato alla produzione di ortaggi, la prima e la seconda casa, divise tra due fratelli, un capannone, valgono un Imu di 1.370 euro, mentre con l’Ici la somma era di 380 euro (dati: Cia – Confederazione Italiana Agricoltori). Nella circolare definitiva per l’applicazione dell’Imu, il Ministero – aggiunge Winenews – ha mantenuto l’esenzione dal pagamento della tassa per i comuni di aree montane o di collina (legge 984/77). Si tratta di comuni e denominazioni come quella del Chianti Classico (con i comuni di Radda in Chianti, Gaiole in Chianti e Greve in Chianti esentati dall’Imu, ma Castellina in Chianti e San Casciano Val di Pesa sono fra i comuni che la pagheranno), Montalcino, il cui comune è fra gli ‘esentati’, della Valpolicella, dove nasce l’Amarone. Ma ci sono anche territori come quello di Langa, patria di Barolo e Barbaresco, interamente non esentati dall’Imu.

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