di Mario De Michele

Se la decadenza dei consiglieri comunali di opposizione di Cesa è diventato un caso nazionale ci sarà un perché. Il perché è che mai nella storia degli enti locali italiani è stata inferta una ferita così profonda alla democrazia. Coloro i quali non colgono questo aspetto, che chiama in causa anche la Carta costituzionale, sono in malafede o affetti da un analfabetismo politico ancora più allarmante. In gioco non ci sono solo Ernesto Ferrante, Carmine Alma, Amelia Bortone e Paola Verde, defenestrati con un colpo di mano mai visto prima. C’è molto di più. Ci sono due principi sacrosanti. Primo: il popolo sceglie chi vince e chi perde alle elezioni. Secondo: il popolo sceglie chi, tra gli esponenti dell’opposizione, siede in consiglio comunale tra i banchi della minoranza. A Cesa la maggioranza, sostituendosi al popolo, ha scelto anche l’opposizione consiliare. Al netto delle disquisizioni statutarie, il tema è politico. Il sindaco Enzo Guida lo sa, eccome. Ha svolto vita di partito ed è un avvocato. Cacciare gli eletti per le mancate giustificazioni per le assenze al civico consesso, peraltro 15 mesi dopo le stesse assenze, è agli occhi di tutti pretestuoso e scorretto. I consiglieri non sono studentelli che debbono giustificare le mancate partecipazioni alle lezioni. Ha ragione l’onorevole Marco Cerreto, che ha interpellato il ministro Piantedosi: “In politica si è legittimati a scegliere anche un’opposizione aventiniana”. Spetta al popolo, al momento del voto, premiare o bocciare i comportamenti della minoranza. Il golpe, in salsa cesana ha prodotto, numeri alla mano, un disastro che da un sindaco che si professa del Partito democratico nessuno si sarebbe mai aspettato. La tentazione antidemocratica, per filiazione politica, è più roba da Fratelli d’Italia. Eppure, Guida ha dato la stura a un precedente pericolosissimo: il popolo non è più sovrano. Così Alma che ha preso il triplo dei voti di Raffaele Bencivenga (687 a 268) va a casa a favore di un candidato che si è piazzato nelle retrovie della lista Uniti per Cesa. Bortone e Verde, che hanno superato entrambe i 400 voti, lasciano il passo a Maria Oliva con 218 preferenze. Anche Ginotto De Angelis (408) e Maria Rosaria Guarino (363), nonostante il buon risultato elettorale, non sono stati scelti dagli elettori per fare opposizione. Non c’è il suggello della volontà popolare. E sia chiaro, non si tratta di complementi di paragone. Nessuno si permette di dire chi sia migliore di chi. Allo stesso tempo Bencivenga non si deve inalberare, tramite post Fb scomposti, se definiamo ibrida l’attuale minoranza. Basta leggere altri post, quelli del sindaco, per capire che c’è una liaison tra la vecchia maggioranza e la nuova opposizione. D’un tratto De Angelis diventa affidabile e costruttivo. Non è lo stesso che in un comizio elettorale fu definito da Guida “l’uomo della sbarra”? Cioè uno che da assessore trascorreva il tempo al piano terra del municipio e per questo “avrebbe dovuto – parole del sindaco – restituire i soldi dell’indennità di carica”. Il buon Ginotto ha fatto finta di dimenticare tutto per il recente innamoramento di Guida per Giovanni Zannini. Ci sta. De Angelis è politico di lungo corso. Ha fatto buon viso a cattivo gioco. Solo un brav’uomo come Bencivenga può affidarsi a una narrazione grillina, senza rendersi conto che i grillini, per ammissione degli stessi leader del Movimento 5 Stelle, non esistono più. L’apparizione di Guida e del fido Mimì Mangiacapra al gazebo dei pentastellati è il colpo di grazia. Solo un ragazzo acqua e sapone come Bencivenga non comprende che il sindaco se lo sta cucinando a fuoco lento. La pax è finalizzata ad una grande coalizione, a trazione zanniniana, sia alle comunali che alle regionali. Lo comprenderebbe anche un infante. Anche questo ci sta. L’impero di Guida ha conquistato altre Province. Il regno si allarga. Basta dirlo. E presentarsi agli elettori con un unico carrozzone. Un minestrone in cui le differenze politiche si liquefanno. È invece un piatto indigesto scontrarsi in campagna elettorale e camminare a braccetto subito dopo. La politica ridotta a facciata scolorita alimenta un sentimento popolare devastante per tutti: “È tutto un magna magna”.

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