di Nicola del Piano

Questo è il breve racconto di una visita, la visita ad un luogo antico e per alcuni perduto. Il Real Sito di Carditello, meglio conosciuto come reggia di Carditello, non ti investe all’improvviso con la sua imponenza, come la più famosa Reggia di Caserta o altre regge sparse nel mondo. A pensarci bene, non è una vera e propria reggia. Nata come riserva di caccia, luogo di svago della più famosa famiglia borbonica e della sua corte, diviene poi uno dei tanti esempi di imprenditorialità che andavano tanto di moda tra i nobili del XVIII secolo. E così succede che quando te lo trovi davanti, dopo aver attraversato i Regi Lagni, con a nord il fiume Volturno, circondato dal monte Tifata con i suoi colli, non sai bene cosa pensare.

Quasi a volermi ricordare il senso di quel luogo incantevole, poco prima di arrivare scorgo sulla strada un cane da caccia, uno dei tanti splendidi esemplari di cui sono piene le campagne casertane, scandalo e vergogna per ognuno di noi. Quello, guardandomi avvicinare lungo via Ponte Sant’Antonio, si affaccia sul ciglio della strada e ponendosi in attenzione, come solo loro sanno fare, sembra riportarmi alla vetustà del luogo che sto per visitare.

Fermata l’auto nel meraviglioso ed enorme giardino antistante la palazzina, mi soffermo a passeggiare prima fuori. Tante sono le finestre rimaste aperte chissà da quante stagioni e pare di sentirle ancora da qualche parte le risate, la spensieratezza proprie di questi luoghi, mentre, poco più in là, i segni di chi la reggia l’ha voluta bene come solo i ladri sanno fare. Mi viene da pensare che la vita per molti dei nostri monumenti peggiora inesorabilmente, con il tempo a graffiarne l’anima, lasciandosi invecchiare e divenendo sempre più di qualcuno e mai veramente di tutti. 

Entrato nel piccolo palazzo, sull’uscio un tricolore sventola dolcemente, con il sole in lontananza a tramontare. Sento dire che una sola persona, “un angelo” lo chiamano qui, ha ristabilito tutto il territorio circostante da solo, senza aiuti esterni, con solo il suo cuore a fargli da compagno. Mi viene da crederci, cadendo per un attimo nella tentazione di credere che a noi solo gli angeli, solo le creature divine potranno salvarci, e intanto subito la mia attenzione viene distolta dalla storia assurda di questa tenuta, il cui proprietario ha debiti ammontanti a undici milioni di euro con una banca, ma è poi la stessa banca, per uno scherzo del destino, che potrebbe versare un premio in danaro se la reggia dovesse risultare vincitrice ad un concorso indetto dal Fai. Tutto insensato penso, tutto incredibilmente italiano, come il tricolore che sventola là fuori. 

Scatto ancora qualche foto con ancora la bandiera a fare da sfondo, ma si è fatto tardi e i volontari di Agenda 21, che hanno organizzato questa apertura straordinaria prima della prossima asta pubblica di giovedì 12 luglio, devono chiudere i grandi cancelli. Mi lascio alle spalle qualche cavallo a pascolare e tanti sguardi colmi di bellezza. Ma anche tanta amarezza per aver visto troppo poco, ma tutto quanto è accessibile e mi accorgo che poi questo luogo così lucente non è poi così grande. Forse, allora, la grandezza della Reale tenuta è quella che non si vede, oltre ciò che appare. Quello che rappresenta su quello che è, quello che potrebbe diventare ma non è, la delicatezza di un bene che deve restare pubblico ed è invece soggetto a morbosità private.

E allora non dovrebbe passare a nessuno per la testa, nemmeno ad una banca, di vendere il Real Sito di Carditello. A nessuno dovrebbe passare per la testa di disertare l’asta di giovedì per vedere il prezzo più appetibile all’asta successiva. A nessuno dovrebbe passare per la testa di possedere la reggia come si farebbe con una vecchia esperta signora. Nessuno dovrebbe perderla la testa davanti a queste perle.
Me ne vado, e allontanandomi mi viene da sognare, sogno tanta gente per bene che mano nella mano circonda la reggia, formando un cordone senza fine, fino ai Regi Lagni, fino al Volturno, fino alla fine di questo territorio disgraziato e che non trova pace. Sulla strada del ritorno, il cane da caccia non lo ritrovo più.

 

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